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Sabato 11 Luglio 2009
<Ragazzi, andate piano:
la vita è una>
Una settimana fa morivano Danny e Andrea. Sotto quel ponte oggi fiori, silenzio e un appello
Il giorno dopo i funerali, sotto quel ponte, c’è solo silenzio. Silenzio di acqua che scorre nel torrente a fianco, silenzio di camion che oltre la rete di confine ingranano la marcia e suonano il clacson, silenzio di gente che lavora in un capannone cento metri più lontano, silenzio di lattine vuote e strisce di gomma e bottiglie di plastica e pezzi di carta per terra, silenzio di sassi e rottami e grasso d’olio e polvere. Silenzio di auto che passano. Nessuno rallenta, nessuno si ferma oggi. Rimangono i fiori, con la testa china. Trentasei mazzi di fiori. Trentasei mazzi di fiori stanchi, tre pennarelli, un sacchettino con qualche chiodo, un cappello bianco a tesa larga, una sigaretta appiccicata con lo scotch, cinque striscioni, sei fotografie, un poster e cinquantatré scritte sul muro. La fredda contabilità di un altare laico, costruito pezzo a pezzo, tutt’attorno a un pilastro ampio, che se lo si abbraccia le mani non si toccano. Fino a ieri è stato meta di un pellegrinaggio incessante. Oggi la vita continua e poco più avanti, nell’unico punto dove si può lasciare l’auto, solo una donna si ferma. Scende, cammina a fianco del guard-rail, si piazza di fronte a quel monumento improvvisato e rimane con uno sguardo muto.
Danny e Andrea non sono più lì, hanno incontrato la morte in quel viadotto sporco e trovato la pace altrove, in un camposanto a mezza costa, dove la luce arriva tutto l’anno. Lì, sotto quel ponte, il sole non c’è mai. Restano parole che amici e parenti hanno lasciato. «Gli angeli vengono per lasciare il ricordo di un sogno lungo una vita»... «Danny e Andrea, Sagnino Beach prega voi»... «Certe luci non puoi spegnerle. Urlando contro il cielo»... «Andre e Danny per sempre nei nostri cuori. La Piazzetta». «Tanti se… Tanti ma… Nessuno potrà ridarceli. Vivranno sempre nei nostri cuori, perché per sempre li ricorderemo». «Due angeli volati in cielo che mai nessuno dimenticherà. Vi vogliamo bene». E poi i biglietti, con sotto le frasi i nomi. Decine di nomi, di firme che dicono: "Io c’ero, io non dimentico". Rollo, Peppe, Turco, Vero, Fortu, Monno, Mogno, Ska, Laui, Stewy… Sono troppi, non li contiamo. L’odore dei fiori che appassiscono è più forte della polvere, dà la sensazione di un tempo dolce ma chiuso, passato. Di questa morte sulla strada, se chiudiamo gli occhi, rimane un sorriso che s’è spento. Riprendiamo il giornale di ieri l’altro, leggiamo le parole che il padre di Andrea ha rivolto al figlio: «Ti ho visto l’ultima sera a Cernobbio, tu eri in servizio per la festa. Mi sei passato davanti, mi hai guardato, mi hai lanciato un sorriso. Ti ho fatto un cenno di saluto. Volevo dirti quanto ti stimavo per quello che stavi facendo e per come lo stavi facendo, te lo dico ora che sei partito per un lungo viaggio. Quando ci rivedremo, permettimi di abbracciarti. Sono orgoglioso e fiero di averti conosciuto e avuto come figlio».
Torniamo alla macchina parcheggiata poco lontano. Le ultime parole che incrociamo sono a caratteri cubitali, color azzurro, come il cielo che lì sotto non entra mai, neanche uno spicchio. C’è scritto: "La vita è una. Ragazzi, andate piano".
Giorgio Bardaglio
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