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Domenica 12 Luglio 2009
L'altra condanna,
la legge del contrappasso
Cresce il numero di imputati che evita il carcere facendo lavori socialmente utili
Negli ultimi quattro anni sono stati 56 gli imputati che hanno evitato la cella optando per una «attività non retribuita a favore della collettività». L’ultimo caso, in ordine di tempo, riguarda il 35enne comasco che sul computer aveva scaricato centinaia di fotografie pedopornografiche: per i prossimi 10 mesi dovrà impegnare tutte le mattine feriali ad aiutare gli anziani.
Attualmente sono 12 le associazioni di volontariato che hanno stipulato una convenzione con il tribunale di Como, rendendosi disponibili ad accogliere imputati che decidono di scontare la pena aiutando gli altri. A queste si aggiungono 2 Comuni, San Siro e Tremezzo, anche loro a disposizione per offrire un’opportunità per redimersi a chi finisce nei guai con la giustizia.
La scelta del lavoro socialmente utile, al posto della reclusione, è facoltativa: perché diventi esecutiva, infatti, l’imputato non deve opporsi. Però consente a chi rischia di trascorrere qualche mese in carcere di evitarlo, rendendosi utile. Questo riguarda soprattutto coloro che sono alla seconda condanna e quindi si sono giocati la possibilità della sospensione condizionale della pena, in assenza di una prestazione per attività a favore della collettività.
All’associazione spetta il compito di interfacciarsi con l’ufficio esecuzioni della procura di Como, il cui cancelliere ha studiato un collaudato protocollo di sorveglianza dei condannati. I quali, qualora non dovessero rispettare i termini della condizionale, vengono inviati dietro le sbarre del carcere. È successo in meno del 10% dei casi, in questi ultimi quattro anni. Ben più numerosi, invece, gli imputati che - dopo aver scontato la loro pena - hanno scelto di continuare a fare volontariato nelle associazioni che li avevano accolti.
Visti i risultati incoraggianti, il tribunale cittadino ha preso contatti con il Centro servizi per il volontariato di Como e iniziato a discutere la possibilità di allargare il numero di associazioni disponibili ad accogliere condannati. Proprio come è successo a Sergio, che sorpreso a spacciare ha pagato il suo conto con la giustizia aiutando le persone malate di Aids.
Paolo Moretti
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