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Martedì 14 Luglio 2009
Scudo fiscale,
il ricatto ticinese
Il leghista Bignasca: «Tremonti prende i soldi? E noi licenziamo 50mila frontalieri»
«Tremonti, Achtung!», è il titolo scelto dal leader, Giuliano Bignasca, per corredare il pezzo a tutta pagina e Bignasca non manca di far riferimento al numero uno della Lega Lombarda, Umberto Bossi, ministro delle riforme. «L’ha detto anche Bossi - scrive il settimanale - se i soldi dei Lombardi non possono restare in Lombardia, meglio in Svizzera che a Roma», ma quando e come o a chi l’avrebbe detto non si sa, forse ai tempi di “Roma ladrona” o forse negli incontri Lega Lombarda-Lega dei Ticinesi che si tengono una volta l’anno a Lugano. Depurando da termini più forti l’articolo, il senso è questo: «Tremonti deve piantarla di rompere sul segreto bancario e con i suoi scudi. Noi abbiamo una proposta: le banche svizzere con sede in Ticino stipulino un accordo per sostenere le piccole e medie imprese del Nord Italia, tre tranches annuali da quattro miliardi di franchi, tre miliardi di euro - afferma il giornale - Obiettivo: aiutare con finanziamenti adeguati, a tassi quasi svizzeri, l’economia di questa parte d’Italia. In cambio, però, pretendiamo un trattamento rispettoso del nostro segreto bancario, della nostra piazza finanziaria e del Ticino». E conclude con l’affondo: «Se a Tremonti questa proposta non sta bene - sottolinea - i 50.000 frontalieri italiani che ogni giorno entrano nel nostro Cantone, li rimandiamo a fare i disoccupati in patria». Finora, non sono stati ancora precisati i contorni dello scudo fiscale ipotizzato per il 2009 e le anticipazioni fin qui pubblicate non sono state confermate: potrebbe obbligare al rientro dei capitali con un prelievo fiscale tra il 5% e il 7%, oppure potrebbe solo applicare il prelievo, senza obbligo di rientro, ma l’operazione «è più pericolosa dei due precedenti - osserva la Lega dei Ticinesi - perchè si muove in un contesto in cui il segreto bancario svizzero è sotto pressione. Nei due scudi precedenti, il segreto bancario era più solido rispetto ad oggi». Dunque, sarebbe un altro colpo alla fortezza elvetica, alle fondamenta dell’economia, come se già non bastasse la causa in corso tra gli Stati Uniti e Ubs, costretta, fra i tanti guai, anche a dare il nome dei clienti che hanno portato capitali in Svizzera, al sicuro dal fisco statunitense. E poiché il segreto bancario è nella Costituzione svizzera, la Lega ha promosso una raccolta di firme per un referendum popolare che chieda di non modificare la Carta costituzionale.
Maria Castelli
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