Carte sconto, condannati
i primi dieci gestori

Carte sconto, un anno dopo l’avvio dell’inchiesta innescata sull’ipotesi di una gigantesca truffa ai danni della Regione, il pm Daniela Meliota si appresta a chiedere il rinvio a giudizio per almeno 22 titolari di stazioni di servizio della Provincia di Como, dopo avere incassato da parte di altri dieci una richiesta di patteggiamento in corso di indagine

COMO Carte sconto, l’indagine della Procura è alla stretta finale. Un anno dopo l’avvio dell’inchiesta innescata sull’ipotesi di una gigantesca truffa ai danni della Regione - le cui casse furono sensibilmente alleggerite da un diffuso utilizzo improprio della tessera per l’acquisto agevolato di carburante - il pm Daniela Meliota si appresta a chiedere il rinvio a giudizio per almeno 22 titolari di stazioni di servizio della Provincia di Como, dopo avere incassato da parte di altri dieci una richiesta di patteggiamento in corso di indagine. Hanno tutti concordato pene detentive, sospese, tra i nove e 16 mesi, a seconda dell’entità del danno patrimoniale.
In realtà rischiano tutti molto di più che un "banale" patteggiamento con riti alternativi e sconti di pena. In gioco, per molti di loro, c’è anche una licenza, che le compagnie petrolifere, a tutela del proprio marchio, potrebbero decidere di revocare in caso di condanna. Non solo: il nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Como si sarebbe già attivato per fornire una serie di delucidazioni alla Corte dei Conti di Milano, interessatissima e pronta a intervenire, una volta conclusa l’indagine penale, per pretendere la restituzione delle somme sfilate alle casse della Regione, cioè del cosiddetto danno erariale. La somma calcolata dai finanzieri è di circa 15 milioni di euro, intascati in modo illegittimo nel periodo compreso tra il secondo semestre 2006 e il primo semestre 2009. Il pm titolare del fascicolo, il sostituto procuratore Daniela Meliota, ha indagato a partire dal periodo immediatamente successivo a quello "coperto" dall’effetto condono ma per quanto riguarda l’eventuale risarcimento la magistratura contabile potrebbe spingersi anche più indietro, e risalire pertanto a un danno ben più consistente.
Il metodo utilizzato per truffare la regione (anche se molti degli indagati parlano di banali errori, semplici sviste) si basava sullo sfruttamento dei  limiti quotidiano e mensile di rifornimento. Molti automobilisti lasciavano in "custodia" al proprio benzinaio di fiducia la loro carta sconto, che veniva sfruttata più volte nell’arco della giornata fino a esaurire il plafond dei 60 litri giornalieri o dei 400 mensili, anche se in realtà il rifornimento, per il surplus eccedente la richiesta del titolare della tessera, non veniva mai effettuato. Nel corso dell’indagine erano state interrogate anche centinaia di automobilisti, cui la Procura contestava l’utilizzo improprio delle carte. La loro posizione resta in bilico, anche se per il momento non risultano nei loro confronti contestazioni dirette.
Stefano Ferrari

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