Ora, però, sembra che il limite del baratro sia stato raggiunto e non resti che mettere mano a provvedimenti straordinari. Lacrime e sangue saranno ripartiti in egual misura per tutti? In realtà il sospetto è che operai e ceto medio, la gente comune, resteranno fregati per bene: continuano a dir loro che in sostanza non cambierà nulla, prendendo tempo per studiare il modo di far pagare la massa dei fessi e lasciare intatti i grandi patrimoni e i traffici degli speculatori. Spolpato per bene l'osso della cosa pubblica con cattive gestioni ed infiniti sprechi, strombazzano per bocca di economisti mignon e giornali-megafono la ricetta miracolosa: è indispensabile vendere tutti i beni dello stato. Tutti, senza esclusione: non c'è che dire, è una bella sparata per tempi di crisi.
Suona come un meraviglioso progetto liberista. Forse un atto di ravvedimento, per un governo che in tanti anni non ha saputo liberalizzare nessun settore, e che la concorrenza vera, la competizione ad armi pari l'ha sempre avversata, tutelando allo spasimo le corporazioni e il duopolio televisivo? O non è magari l'occasione propizia per svendere gli ultimi gioielli di famiglia, consegnando un patrimonio pubblico nelle mani dei più furbi, degli intrallazzatori che sanno coltivare le amicizie politiche, delle cordate e degli squali che poi – come avviene nel caso di tanti uffici ministeriali, costretti a versare affitti esorbitanti – fanno pagare a caro prezzo l'utilizzo degli stessi beni alla collettività?
Fissare lo sguardo sulla condizione attuale del paese è difficile, e può essere veramente sgradevole; ma continuare a fidarsi di chi ci dice che realizzerà il miracolo “senza metterci le mani in tasca” e tenta di operare un incanto, sia pur meno spiacevole, proiettando miraggi nelle nostre menti, è solo un inconsapevole suicidio.
Prof. Andrea Luppi
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