Bianchini: «Questa Cantù
non è ben identificabile»

Le considerazioni del coach che in Brianza ha allenato per un triennio (1979-80-81) acquisendo alla bacheca del club brianzolo uno scudetto (1981), una Coppa Campioni (1982)e una Coppa Coppe (1981).

«Mi ricordo la Cantù che produceva giocatori italiani per tutta l’Italia - spiega - ed era veramente formidabile come luogo di cultura cestistica. Nel senso della cultura tecnica con grandi maestri quali Taurisano, Stankovic eccetera ma anche di indubbia cultura manageriale con durante la gestione Allievi. Poi tutto è cambiato ma almeno nel periodo in cui c’è stato Bruno Arrigoni si è assistito a una continuità tecnica che però si è orientata nella ricerca degli stranieri. Apprezzabile il fatto che Cantù li prendesse sconosciuti e li vedesse poi andar via da protagonisti. Sgrezzandoli e facendoli crescere. Un’operazione notevole quella svolta in Brianza che definirei tipica della manifattura italiana: non ci sono materie prime e allora le si va a reperire, si dà loro una forma e uno stile per trasformarle così in oggetti di valore internazionale».

«In questo momento Cantù è molto meno identificabile - osserva Bianchini, 71 anni, ormai da tempo residente a Roma -pur potendo avvalersi di un bravissimo allenatore e di una presidente che continua a dare segnali di chiarezza di idee e di compattezza. E pur tuttavia non scorgo un orientamento preciso né dal punto di vista tecnico né del messaggio esplicito che si vuole mandare con questa squadra. C’è ancora una logica da sintetizzare, insomma».

L’intervista integrale sull’edizione de La Provincia in edicola giovedì 19 marzo

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