Musica
Lunedì 19 Luglio 2010
Box: in «Wondrous Stories»
il progressive rock fa l'appello
"Wondrous stories: a complete introduction to progressive rock” ovvero un box di quattro cd che si può raccontare partendo proprio dal titolo. Una raccolta notevole con qualche assenza importante, come King Crimson e Genesis
A parte che la traduzione “rock progressista” esprimerebbe molto meglio il concetto, ma ormai ci siamo abituati, non è questa la sede per definire “di cosa parliamo quando parliamo di prog” (e quale potrebbe mai essere la sede adeguata?) ma è abbastanza chiaro che formazioni più prettamente versate al jazz elettrico come i Nucleus o quelle più indirizzate all'ambito folk come Magna Charta e Comus forse non dovrebbero stare qui, ma certo non stonano in un contesto che ha la bontà di non arrestarsi agli anni Settanta raccontando ai vecchietti anche storie forse meno “wondrous” ma sicuramente degne di nota come quelle dei Marillion, degli Spock's Beard, The Mars Volta, IQ e altri ancora. Ah, naturalmente anche la scelta dei brani è assolutamente sindacabile e in un caso, quello dei Jethro Tull, davvero peregrina (took): una versione live di “Aqualung” e “Pussy willow” da “The broadsword and the beast”, certo né fondamentale né irresistibile. Anche “I know you're out there somewhere” non è esattamente il “pezzo forte” dei Moody Blues. Però ci sono chicche come la versione di “Season of the witch” di Sam Gopal, “Evil woman's manly child” di Dr. Z e “Mice and rats in the loft” dei Jan Dukes De Grey. Tra i nomi importanti troviamo, naturalmente, gli Yes (“Wondrous stories” appartiene a loro e c'è anche la classica “Roundabout”) e non solo EL&P (Emerson, Lake & Palmer) ma anche... EL&P (Emerson, Lake & Powell, i fan sanno perché). Poi Caravan, Colosseum, Gentle Giant, Gong, Van Der Graaf Generator, Barclay James Harvest, Atomic Rooster, i Curved Air con Stewart Copeland prima dei Police, gli Aphrodite's Child con Vangelis prima dell'Oscar e Demis Roussos prima della dieta. Inevitabili estratti da “Tubular bells” di Mike Oldfield e da “Arthur” di Rick Wakeman. Non stupirà gli appassionati la presenza di Rare Bird, Beggars Opera, Fruup e Steve Hillage mentre qualcuno sarà sorpreso dall'inserimento dei Supertramp con “School” e della Manfred Mann's Earth Band con una versione di “The mighty Quinn” di Dylan. La parte vecchietti si conclude con i Rush, che non si sono mai fermati, e Jon Anderson che, oggi, è di fatto fuori dagli Yes. Tra i nomi del “revival” ecco Pallas, It Bites, World Trade, Opeth, Coheed & Cambria, The Reasoning e Eureka, oltre a quelli che si ricordavano prima.
Qualche dubbio per i Dream Theater e, soprattutto, per i Queensrÿche. Qualcuno avrebbe preferito più “minori”, altri più “maggiori” ma è destino di confezioni come queste cercare il giusto mezzo. Veste grafica affidata, come giusto, a Roger Dean che ribadisce quanto “Avatar” gli abbia scippato in termini di immaginario.
Alessio Brunialti
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