«Cantù? I giocatori sono bravi
ma non fanno ancora squadra»

Intervista con Carlo Recalcati, icona del basket italiano.

Coach Recalcati, lei era a Desio domenica. Che idea s’è fatto?

«Che la situazione non è semplice ma che ce la si poteva aspettare. Poi se perdi di un punto puoi anche vincere di un punto, ma la sostanza delle cose non cambia».

E cosa cambia invece?

«Cambia molto il modo di approcciarti e di vedere il bicchiere mezzo pieno piuttosto che mezzo vuoto. Cambia che non subisci la contestazione. Cambia che non si alimenta la polemica. Cambia che non vai in depressione. Cambia che puoi lavorare con maggior tranquillità».

Ma da allenatore che giudizio dà su questa Cantù?

«È la dimostrazione di come non sia facile costruire una squadra. Ma soprattutto, l’aspetto più difficile è far diventare squadra un insieme di buoni giocatori. Non sto parlando di fenomeni, beninteso, perché i fenomeni giocano semmai in Eurolega».

E allora?

«Allora serve il tempo necessario. E tante volte non basta una stagione. Se li prendi uno per uno come valore individuale, questi sono bravi ma il problema è che si combinano poco tra di loro».

Ma non c’è soltanto l’aspetto tecnico.

«Certo che no, perché poi va preso in considerazione anche il contorno. Qui tutti sono nuovi, non ci sono punti di riferimento dentro e fuori la squadra. E badate non dico sono tutti stranieri perché non è questo. È che l’intera struttura, tecnica e societaria, ha disperato bisogno di tempo per diventare “squadra”. E se i risultati non arrivano, questo processo subisce un rallentamento».

L’intervista completa sulla Provincia di mercoledì 16 novembre

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