Cementeria Holcim di Merone
Il nuovo anno parte senza certezze
L’accesso alla cassa integrazione subordinato al raggiungimento della soglia di 49 dimissioni
Preoccupa il silenzio dell’azienda, mentre per i sindacati permangono allarmanti prospettive
Una trentina di persone «sono già uscite» dall’organico aziendale. Per arrivare ai fatidici 49, soglia obbligatoria in assenza delle quale non sarà possibile attivare la cassa integrazione, ci sarà ora «tempo fino al prossimo mese di settembre», termine imposto dalla norma per godere del raddoppio dell’ammortizzatore sociale oggi in campo a sostegno di quanti vedono il loro posto di lavoro traballare.
Dall’inizio della ristrutturazione a oggi, del resto, i 238 dipendenti della storica cementeria di Merone sono nel frattempo diventati 30 in meno, complice «un incentivo di 45mila euro» a favore di quanti, volontariamente, hanno deciso di guardare altrove in un momento tutt’altro che favorevole sotto il profilo della mobilità professionale. «Qualche ripescaggio – spiegano i sindacalisti Riccardo Cutaia (Feneal), Assunta Chiusolo (Fillea), Stefano Zucchi (Filca) – c’è effettivamente stato. Non parliamo di grossi numeri, s’intende. Rispetto alle prime valutazioni, l’internalizzazione di alcuni servizi può consentire un parziale riassorbimento dei prospettati esuberi».
Di certo, l’interruzione dell’utilizzo del forno ha portato con sé 50 addetti della produzione a casa in cassa a zero ore, cui se ne aggiungono ulteriori 60 che lavorano a rotazione.
Meno duro, ma comunque pesante, anche l’intervento sull’area amministrativa, con una ventina di persone in cassa senza reali prospettive di reinserimento, almeno per il momento.
Un Natale nient’affatto felice, dunque, per i lavoratori di Holcim Italia che, a poco meno di un anno dall’inizio della crisi (scoppiata ufficialmente a inizio di gennaio con i primi scioperi contro il piano prospettato dalla multinazionale del cemento), sono per oltre la metà costretti a confrontarsi con prospettive che nuvolose è dir poco e uno stato contingente fatto di ammortizzatori sociali, lavoro a singhiozzo e assenza di certezze a medio termine.
Contattata, l’azienda non ha per ora diffuso alcuna comunicazione circa i progetti 2014.
Le uniche certezze, insomma, sono le cifre piuttosto negative messe in campo dai sindacati, che parlano di una perdita «del 12,5% rispetto al budget 2013» (in un mercato nazionale che, comunque, perde almeno il 20%), di un differenziale «sul 2012 di 31milioni di euro» e di un aumento dei costi delle materie prime non semplice da gestire.
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