Quando di mezzo c’è la sofferenza delle persone, quasi mai la soluzione è semplice. Non lo è nel caso della stazione San Giovanni dove, da mesi, decine di senza tetto trascorrono la notte. Si tratta in gran parte di stranieri in transito, accampati nell’atrio in attesa di trovare l’occasione giusta per oltrepassare il confine e raggiungere il Nord Europa, non hanno diritto all’assistenza garantita ai richiedenti asilo e con quel poco che hanno con sé si accampano lì dove c’è modo di passare la notte e resistere al freddo. La loro non è una scelta e ciò che vediamo a Como non è che la declinazione locale di un dramma sociale di dimensioni globali. Ma se le cause del problema non hanno origine qui, cosa può fare la nostra comunità? Indignarsi? Gridare allo scandalo? Trasformare la questione in un problema di ordine pubblico? Volgere lo sguardo altrove e far finta di nulla? O magari teorizzare la necessità di un’accoglienza superiore a quella che possiamo offrire? Ogni tesi ha una sua giustificazione. Tutte però, per essere credibili, devono misurarsi con la realtà che è sempre più complessa dei nostri pregiudizi. Anche la generosità, se eccede la reale possibilità di dare, può essere un principio che induce a sbagliare.
La filosofia scelta dalla Prefettura, su questa vicenda come in tutta la partita dell’accoglienza ai profughi, è stata quella della misura e del pragmatismo. Ed è stata almeno sin qui una scelta corretta perché ha permesso alla comunità locale nel suo insieme, al di là di minoritarie posizioni estreme, di comprendere che non c’è alternativa alla strada dell’assistenza umanitaria nella legalità.
Il prefetto, nel caso specifico della stazione, ha riunito attorno a un tavolo tutti gli enti, le istituzioni e le realtà attive nella rete di solidarietà per stabilire un piano d’azione.
Tra le decisioni assunte c’è quella della “sistematica rimozione delle masserizie presenti nella stazione, allo scopo di garantire il necessario decoro durante l’orario di esercizio del servizio ferroviario”. E contestualmente i rappresentanti di Centostazioni (l’ente proprietario dell’immobile) hanno chiarito che, a breve, faranno i lavori necessari “per la chiusura, nelle ore notturne, della stazione e del pertinente sottopasso ferroviario”.
L’atrio di San Giovanni non può trasformarsi in un dormitorio e fare qualcosa non era solo necessario, ma anche doveroso. Per una questione di decoro e sicurezza, per alcuni. Per la stessa dignità dei senzatetto, secondo altri. Saggia quindi la decisione di chiudere la stazione durante la notte, così come avviene anche in altre città italiane e all’estero (aeroporti inclusi) nei casi in cui non sono previsti transiti notturni. Vi si provvederà in tempi brevi ma non dall’oggi al domani e nel frattempo va trovata una soluzione concreta per dare un riparo notturno a chi non ce l’ha.
Un’alternativa va data, diversamente non si farà altro che spostare l’emergenza altrove. Magari sotto i portici del centro cittadino oppure un centinaio di metri sotto la stazione, nei giardinetti pubblici.
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