“Capire tu non puoi, tu chiamale se vuoi elezioni”, è la parodia di un successo di Lucio Battisti che fotografa bene la situazione del voto in programma l’11 giugno per la scelta del sindaco e del consiglio comunale nei tre principali centri della provincia di Como: il capoluogo, Cantù ed Erba. Una tornata sul cui esito, sembra davvero impossibile, a due mesi dall’apertura dei seggi, capirci qualcosa. Ed è il suo bello. Finora, infatti, abbiamo assistito a consultazioni elettorali dall’esito pressoché scontato. Quattro anni fa a Como, anche i sassi avrebbero scommesso sull’affermazione di Mario Lucini dopo il lascito disastroso del centrodestra, oltretutto lacerato e privo della forza di propulsione di Silvio Berlusconi finito nel tritacarne della traumatica caduta del suo governo e dei tanti scandali che lo vedevano implicato. Così come era prevedibile, a Cantù, la vittoria dell’imprevedibile Claudio Bizzozero. Caso mai un po’ di pahtos lo riservava Erba, dove però non è era poi stato così sorprendente il successo di Marcella Tili, forte di un buon bilancio della sua precedente amministrazione e della capacità di smarcarsi dall’andazzo deprimente del centrodestra di allora.
Adesso, prevedere chi taglierà il traguardo per primo l’11, o più probabilmente, il 25 giugno, domenica di ballottaggio, è quasi come centrare un 6 al Superenalotto. Persino all’interno delle forze politiche in corsa le previsioni non coincidono. E se non ci pigliano neanche gli addetti ai lavori, figuriamoci gli altri cittadini. Un altro aspetto insolito di queste elezioni è che in nessuna delle tre città comasche si ripresenta il sindaco uscente. E solo a Erba questo succede perché Tili è al secondo mandato. Lucini e Bizzozero si sarebbero potuti ricandidare, come accade quasi sempre ai sindaci uscenti con la possibilità del bis, ma hanno rinunciato.
Non mancano poi le divisioni, rigorosamente bipartisan. A Como succede a sinistra, dove vi sono ben due liste che contrastano quella del Pd e dei suoi alleati a sostegno di Maurizio Traglio. A Erba, invece, gli stracci sono volati nel centrodestra, dopo il rifiuto da parte di Forza Italia e Lega sulla candidatura dell’attuale vice sindaco Claudio Ghislanzoni, caldeggiata da Marcella Tili. Risultato: due liste contrapposte. Con Veronica Airoldi candidata del centrodestra “ufficiale” e Ghislanzoni di quello “civico”. Una spaccatura per cui si sta certo fregando le mani Enrico Ghioni, in campo per il centrosinistra dopo aver già vinto e perduto due corse per la fascia di primo cittadino. A Cantù, l’addio di Bizzozero e i contrasti tra quest’ultimo e la sua creatura “Lavori in corso” contribuiscono all’incertezza. Qui gli schieramenti tradizionali si presentano compatti con Edgardo Ariosio per il centrodestra, Francesco Pavesi per Lavori in Corso e Angelo Novati per il centrosinistra. L’impressione è che saranno i voti in libera uscita quelli decisivi. Peserà parecchio e ovunque il Movimento Cinque Stelle, che magari presenta candidati lontani dalla grande ribalta quali Fabio Aleotti a Como e Giampaolo Tagliabue a Cantù, ma conta sul grande momento che sta vivendo, almeno stando ai sondaggi, in ambito nazionale. E poi c volete mettere a Torino la fama di un leader nazionale del centrosinistra quale Piero Fassino di fronte a Chiara Appendino? Eppure si sa com’è andata a finire. A Como poi c’è il fattore Rapinese, candidato civico che ha mancato di poco il ballottaggio cinque anni fa e non ha mai staccato la spina della campagna elettorale. Più che mai questa volta conteranno i candidati, i programmi, le facce, la credibilità e soprattutto la volontà degli elettori. Con la speranza che sia scelto il meglio per il governo del territorio. Chiunque sia.
© RIPRODUZIONE RISERVATA