Como, quella Camera
dove chiedere
che ne sarà di noi

Agosto è mese di vacanze. E per i comaschi quest’anno è anche il tempo per farsi una domanda da incerti liceali: che ne sarà di noi? C’è tanto da dirimere: la soluzione per la Ticosa, la decisione per le paratie e il lungolago, cosa fare di Acsm-Agam e cioè come rispondere alla voglia di fusione del colosso A2A? C’è un’altra scelta da fare e simbolicamente le racchiude un po’ tutte. Non è popolare come le altre, eppure sarà rivelatrice del coraggio e dell’audacia della classe dirigente comasca. Che ne sarà della Camera di commercio? Finirà con Lecco e Monza o con Varese? Como sarà protagonista o sarà la periferia di qualcun altro?

Sbaglieremmo a pensare riduttivamente che si tratta di una questione astratta confinata nei recinti della politica economica locale e negli equilibri delle associazioni di categoria. Dietro questa scelta si nascondono la capacità di visione del futuro della società comasca e la volontà di garantire uno sviluppo importante al territorio.

È evidente tutto ciò se si considera che la Camera di commercio non è solo il parlamentino delle categorie economiche. A Como è anche un motore importante per significative iniziative in svariati campi: Sviluppo Como, Sistema Como 2015 per l’Expo, Como Venture, Como Next, la prestigiosa proprietà del Grumello, le quote in Villa Erba e altro.

La capacità di intervento è drasticamente limitata dalla decisione del governo di tagliare i versamenti degli iscritti e quindi i fondi della Camera di commercio. A breve, si pensa in settembre-ottobre, arriverà il colpo finale. La legge in fase di approvazione in Parlamento le riduce da 100 al massimo a 60. Per rimanere autonomi occorrerà avere almeno 75mila iscritti e Como è lontana da questa soglia.

Si è di fronte a una scelta obbligata: fondersi. Ma con chi? Per ora si è rimasti alla finestra lanciando un’occhiata poco più che distratta alle mosse degli altri. Lecco ha avviato un confronto per confluire con Monza, invece Varese gongola forte dei suoi numeri che le garantiscono l’autonomia. Anche Sondrio, in virtù della qualifica di area montana potrà rimanere in piedi da sola. E Como? È un po’ “swing”, oscilla tra l’opzione di Lecco con Monza e una possibile alleanza con Varese.

Ma davvero la gamma delle opzioni finisce qui? Forse no. Uno sguardo alla cartina geografica evidenzia il ruolo centrale di Milano città metropolitana, attorno i satelliti di Monza, Lecco, Como, Varese. Se restiamo dentro queste direttrici vediamo che Como può rassegnarsi a un ruolo subalterno alla metropoli milanese o cercare un’alleanza con Varese o con Lecco-Monza o, addirittura, con Sondrio. In tutti questi casi avrebbe un ruolo subordinato perché agli altri la riforma garantisce più forza contrattuale.

Allora cosa può fare di diverso Como? Definitelo un azzardo oppure la mossa del cavallo. La cartina geografica ci dice che Como è anche una provincia di confine con la Svizzera e in particolare con il Canton Ticino. In passato sono stati fatti vari accordi per gli scambi commerciali e per la mobilità delle professioni, oltre che per i 60mila frontalieri.

Perché dunque non cercare un accordo con il Canton Ticino e stringere un’alleanza per proporre ai governi di Roma e di Berna la creazione di una Camera di commercio transfrontaliera Como-Ticino? Consentirebbe di gestire i problemi delle economie di confine con un organismo sovraterritoriale e sovrannazionale. È l’unica area europea dove il confine statale è solo politico perché le comunità e le società coinvolte sono omogenee e così le economie. La Regione Lombardia potrebbe fare da garante.

Questa scelta darebbe a Como una unicità tale da poter rimanere autonoma e molto di più: avere un ruolo di protagonista in una soluzione laboratorio valida anche per l’Unione Europea. Nella legge che il Parlamento sta approvando è prevista una considerazione particolare per «le circoscrizioni territoriali di confine». Saprà Como cogliere questa opportunità? Riuscirà ad alzare lo sguardo e aprire un nuovo sentiero da percorrere per il proprio futuro? Sarà capace di immaginare un domani dove le città saranno sistema e diventeranno i luoghi della competizione internazionale? Perché non provare a costruire assieme ai fratelli ticinesi un nuovo domani che superi quei confini stabiliti poco più di duecento anni fa?

La capacità di Como dare una prospettiva concreta a questa sfida darà la misura per le soluzioni agli altri temi importanti. La scelta è tra provare ad avere ancora un ruolo da protagonisti o accontentarsi di fare le comparse. Il futuro è tutto da scrivere.

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