Se hanno iniziato a dirlo anche i commercianti, categoria che ha prudenza e senso pratico nel proprio Dna, vuol proprio dire che qualcosa sta davvero cambiando.
Dati ufficiali non ce ne sono, per lo meno a livello locale, le previsioni di Confcommercio sul quadro nazionale parlano però di una ripresa dei consumi significativa e, tra i nostri imprenditori, è diffusa la sensazione nelle famiglia stia tornando la propensione a spendere. Certo, quello del commercio è un mondo vasto e molto articolato.
Il settore ha pagato un dazio pesantissimo alla crisi degli ultimi anni. La prova, concreta, si trova, nel nostro territorio, con un’occhiata alla quantità di saracinesche abbassate anche nei centri più grandi, anche nello stesso centro storico del capoluogo.
E mai come nel periodo trascorso tutti hanno acquisito la consapevolezza che, al di là del valore sociale, non c’è vita e futuro per i centri storici in assenza di un vivo tessuto di attività commerciali. I piccoli, va da sé, hanno sofferto più di tutti gli altri: molti hanno chiuso, altri hanno venduto tutto agli imprenditori cinesi che ad esempio nel settore dei pubblici esercizi hanno fatto incetta di locali.
A chi ha resistito di fronte alla crisi e alla pressione del fisco andrebbe dato un premio ed è per questo che questo refolo di ripresa è accolto da tutti, anche da chi commerciante non è, con un senso di liberazione. Abbiamo raccolto in questi giorni sul giornale, le sensazioni dei singoli operatori, nei vari settori, ma la conferma che non hanno preso lucciole per lanterne è arrivata giusto un paio di giorni niente meno che dall’Istat. Secondo quest’ultimo la fiducia dei consumatori ha registrato, nel mese di marzo, un ulteriore passo in avanti.
La crescita ha portato l’indice al livello più alto da quasi 13 anni (maggio 2002). Sono migliorati i giudizi sulla situazione economica del Paese e le aspettative sulla disoccupazione con una crescita in particolare della quota di coloro che si attendono una diminuzione lieve di quest’ultima.
I consumi, nella nostra provincia, hanno poi beneficiato degli effetti del cambio franco/euro. Un certo pendolarismo dello shopping c’è beninteso sempre stato tra il Canton Ticino e il Comasco ma è del tutto evidente che la decisione della Banca Nazionale Svizzera di recedere dal cambio forzoso sta richiamando qui molti più svizzeri del passato.
Un fenomeno che le statistiche registreranno forse tra qualche mese ma è già percepibile facendo un giro nei parcheggi a ridosso dei grandi centri commerciali. A Como, il sabato pomeriggio, una montagna di targhe svizzere quando di là sembrano essere scomparsi gli italiani.
Sembra in sostanza tornato un po’ di sereno anche se le incognite non mancano. Va bene la fiducia ma, in un contesto che resta di grande fragilità, è necessario che i segnali di ripresa, per non rivelarsi una bolla di sapone, siano accompagnati da risultati concreti.
Sostenere che un ciclo economico nuovo è stato avviato è prematuro, siamo alle preliminari e il futuro è incerto. Oggi però, rispetto anche solo allo scorso anno, sembra cambiato tutto. E le prospettive sembrano un po’ meno fosche.
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