Musica / Como città
Lunedì 18 Gennaio 2010
Così il Signor G degli anni Novanta
si diverte sulla sua torpedo blu
Si è completata, con l’ultimo volume dedicato a “Gli anni Novanta”, la retrospettiva video dedicata a Giorgio Gaber: la formula è quella nota del doppio dvd con esauriente libretto d’accompagnamento, con ampie selezioni dagli spettacoli teatrali “Il teatro canzone”, “E pensare che c’era il pensiero” e “Un’idiozia conquistata a fatica” oltre ad altri filmati d’epoca
COMO Si è completata, con la pubblicazione dell’ultimo volume dedicato a “Gli anni Novanta”, la retrospettiva video dedicata a Giorgio Gaber: la formula è quella nota del doppio dvd con esauriente libretto d’accompagnamento, con ampie selezioni (inedite o, comunque viste pochissimo) dagli spettacoli teatrali “Il teatro canzone”, “E pensare che c’era il pensiero” e “Un’idiozia conquistata a fatica” oltre ad altri filmati d’epoca, tanti amatoriali. Amatoriali... come l’amore.
Qualcuno amava Giorgio Gaber perché con lui era più bello andare a teatro, ridevi, cantavi, magari t’incazzavi ma non ti sembrava mai d’avere sprecato i soldi.
Qualcuno amava Giorgio Gaber, lo ha sempre amato ma lo dice solo adesso, perché Gaber è più facile da amare da morto che da vivo, è consolidato, approvato, c’è pure il convegno, le ristampe, i cofanetti... Da vivo, invece, ogni tanto ti costringeva ad ammettere che stavi seguendo una corrente come un pecorone, che eri esperto di pagliuzze e non sapevi scansare le travi, soprattutto politiche, che ti arrivavano addosso.
Qualcuno amava Giorgio Gaber per il Cerutti Gino, la Balilla, il trani a go-go e goganga goganga goganganghinga...
Perché anche quello era Giorgio Gaber, non se ne vergognava lui, perché dovremmo vergognarcene noi (da non perdere, in questo box, il sogghigno di fine spettacolo quando, ammiccando ai coetanei, invita i giovani alla clemenza per il momento del revival)? Vengo a prenderti stasera, sulla mia Torpedo blù, popi popi (“Ho tutto il Teatro Donizetti che fa popi popi!”).
Qualcuno amava Giorgio Gaber perché lui sì, lui non le mandava mica a dire, lui aveva capito tutto prima epoco prima di togliere il disturbo, aveva sentenziato “Io non mi sento italiano”, superbo ultimo esemplare della “Razza in estinzione”. Intanto noi ci siamo arrivati: una volta papà ti portava sulla collina e diceva “Guarda, un giorno tutto questo sarà tuo”. Oggi ti dice “Guarda”. E basta.
Qualcuno amava Giorgio Gaber perché potevi non essere d’accordo con lui ma ti piaceva dialogare (fingere di dialogare: lui parlava e cantava, tu ti arrabbiavi dopo, dal foyer fino all’anticamera), confrontarti, metterlo in discussione e, quindi, metterti in discussione, tu, lui, tutti, i politici, i nevrotici, i religiosi, le donne, gli americani. Ora no, ora dal palco, dal microfono, dalla tv si cerca solo il consenso dicendo quella cosa che possa andare bene massimamente a tutti e a tutti sta bene così. Libertà è partecipazione, cantava, ma adesso uno pensa di essere libero partecipando al Grande Fratello.
Qualcuno amava Giorgio Gaber e si ricorda che Gaber non era solo. Gaber erano due: il signor Gaberscik e Sandro Luporini che non aveva certo un ruolo secondario. E pensare, quindi, che c’era il pensiero e che, grazie a lui, c’è ancora.
Qualcuno amava davvero Giorgio Gaber perché Gaber ti faceva sentire meno solo, quando pensi di perdere i pezzi, quando ti fa male il mondo, quando ti chiedi cosa è la destra e cos’è la sinistra, quando ti senti anche tu un pollo d’allevamento, quando al bar ti sorprendi a esclamare “Ah, io se fossi Dio...”, quando ti senti circondato da un odore che non sai spiegare, quando ti sembra di non avere via di scampo (e devi farti per forza uno shampoo).
Qualcuno amerà Giorgio Gaber, grazie ai dischi, ai libri, a questi cofanetti che cercano di raccontare Gaber a chi non ha mai visto Gaber, di ricordarlo a chi c’era, magari riempiendo, con una visione intelligente le nostre serate, sempre più stupide, sempre più vuote, alla ricerca di un’illogica allegria.
Alessio Brunialti
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