Crac Parmalat, comasco a giudizio
I giudici rifiutano il patteggiamento

La richiesta era stata inoltrata approfittando del pacchetto sicurezza del ministro Alfano. I legali avevano concordato con la procura un anno e otto mesi

Sembrava una pura formalità. Pochi minuti per prendere atto di un accordo tra accusa e difesa sulla pena da patteggiare nell’ambito del processo milanese sul crac Parmalat. E invece i giudici del Tribunale hanno respinto la richiesta di patteggiamento per gli ex revisori dei conti di Grant Thornton, tra i quali il comasco Maurizio Bianchi. Il professionista lariano, già condannato in primo grado a Parma per la mega bancarotta dell’impero Tanzi, era quasi certo di poter patteggiare un anno e otto mesi con sospensione della pena, anche perché la procura aveva firmato il suo assenso.
La richiesta di patteggiamento era stata inoltrata approfittando del pacchetto sicurezza del ministro Alfano, il quale aveva introdotto la possibilità di concordare la pena in dibattimento alla prima data utile dopo l’entrata in vigore del pacchetto stesso. E così i legali di dieci imputati si sono accordati con la procura: otto di loro hanno potuto patteggiare nel corso dell’udienza, due no. Oltre a Bianchi (che doveva patteggiare un anno e otto mesi) i giudici hanno rigettato pure la richiesta del suo capo, Lorenzo Penca, ritenendo non congrue la pena e la concessione delle attenuanti generiche.

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