«Da ogni slot 70mila euro al mese»
A processo il business dell’azzardo

A Ponte Lambro gestore delle macchinette accusato di peculato e appropriazione indebita. «Mi hanno messo in ginocchio. La gente giocava da mattina a sera. E lo Stato mi premiava pure»

Premiato dallo Stato per la capacità di far rendere le macchinette mangiasoldi, vera droga per i malati di gioco d’azzardo, oggi un cinese con casa e interessi a Ponte Lambro, si ritrova sotto processo con l’accusa di peculato e di appropriazione indebita.

Secondo l’accusa l’uomo si sarebbe impossessato di circa 140mila euro, denaro che avrebbe invece dovuto versare in parte alla società Game Net spa, uno dei maggiori concessionari dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per il gioco d’azzardo, in parte allo Stato per il pagamento dei tributi.

E invece, nel maggio di cinque anni fa, il pagamento che era sempre stato regolare degli incassi si interrompe, causando un effetto a catena che ha portato alla denuncia del gestore di slot machine e, successivamente, pure al fallimento della sua società.

Il processo, all’apparenza, sembra senza storia. Il mancato pagamento di quanto dovuto all’epoca è contabile. Eppure il cinese si professa assolutamente innocente. Sostenendo, in realtà, di essere lui in credito e che la cifra che secondo l’accusa sarebbe stata sottratto era una legittima compensazione.

L’imprenditore cinese gestiva qualcosa come 146 slot machine in tutto il Nord Italia, non soltanto il Comasco e non solo la Lombardia. Per quelle macchinette doveva versare un canone annuo di 456 euro - per ogni slot - alla Game Net e, quindi, pagare l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

I numeri snocciolati in aula di un giro d’affari che ha ricadute pesantissime sulla dipendenza da gioco sono impressionanti. Un’attività decisamente redditizia: «Nel 2011 ho incassato 4 milioni di euro e lo Stato mi ha pure premiato». Dopotutto in un solo mese «una mia slot incassava 70mila euro». Perché «la gente giocava dalla mattina alla sera».

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