Da Parolario la sfida
culturale di Como

Era settembre, quello dell’11 settembre, la Apple lanciava il primo iPod, mentre l’iPhone sarebbe arrivato solo sette anni dopo. Insomma, era una vita fa. E a Como, in piazza Cavour, i passanti scoprivano il piacere di ascoltare gli scrittori, i poeti e i filosofi. Era in corso la prima edizione di ParoLario.

Ha ragione il presidente, Glauco Peverelli, a rivendicare con orgoglio, come ha fatto ieri alla presentazione dell’edizione numero 15, che quello comasco è stato uno dei primi festival in Italia a “scendere in piazza”. Anticipato, lo ricordiamo non per pignoleria, ma perché rimangono due esempi tra i più eclatanti di come una manifestazione culturale possa incidere sull’indotto e sullo sviluppo di una città: Festivaletteratura di Mantova, partito nel 1997, e Pordenonelegge, che anticipò ParoLario di soli dodici mesi.

Oggi non solo Bin Laden è stato ucciso (e pure 3.069 soldati e agenti segreti coinvolti nella guerra finalizzata alla sua cattura) e i tecnomaniaci attendono l’iPhone 7 come una rivoluzione, ma attorno e ParoLario, e agli altri pionieri, sono spuntati festival con la stessa prolificità e fantasia che qualche anno fa aveva contraddistinto la moltiplicazione dei corsi di laurea universitari. È un bene? È un segno che c’è fame di cultura? Che la bellezza, evocata anche nel titolo di ParoLario 2015, ci salverà dalla crisi? Oppure si rischia di fare di tutto un festival e di ridurre la portata culturale, e anche le ricadute socioeconomiche, di molti “eventi” al nulla che si sono ritrovati in mano gli iscritti a Scienze dell’allevamento, igiene e benessere del cane e del gatto (sì, è esistito davvero questo corso di laurea, all’Università di Bari, ed è uno delle centinaia soppressi di recente in Italia dopo la sbornia dello scorso decennio).

Forse qualche risposta potremo ascoltarla, o dedurla, proprio seguendo gli incontri di ParoLario, quanto mai ricchi di voci autorevoli. Per ora, limitiamoci a cogliere un cambiamento positivo: più della location (la kermesse torna a Villa Olmo, che fa molto “Lario” e aiuta a caratterizzarla) e del periodo (l’anticipazione dal 19 al 27 giugno per necessità - lasciare poi lo spazio alla grande mostra - consente di smarcarsi dai suddetti festival di Mantova e Pordenone, che restano dieci volte più forti, anche in termini di bilancio), contano le “sinergie”. Questa è la parola magica risuonata più volte ieri alla presentazione di ParoLario, nonché l’unica via per far sì che i tanti fratelli minori (per età) spuntati in città attorno al festival letterario quindicenne (dal cinema alla musica, dalla poesia alla luce, dallo swing al burlesque, almeno dieci iniziative di fregiano di questo”titolo”) contribuiscano a creare una massa critica e non si rivelino invece una dispersione di energie, risorse e pubblico.

L’estate 2015, e la relativa edizione di ParoLario in particolare, costituiscono un laboratorio, una sperimentazione della Como che si candida a capitale della cultura italiana per i prossimi anni. Da evitare situazioni come quella dello scorso 9 maggio, quando due festival di notevole contenuto, quello della luce ed Europa in versi, si sono trovati a “contendersi” il pubblico comasco lo stesso giorno e in due sedi contigue (Villa Olmo e il Grumello), invece di lavorare in tandem per rendere unico un weekend che, promosso per tempo, e utilizzando non solo le sale delle due ville, ma anche il chilometro della conoscenza che le unisce, sarebbe stato un’occasione per fare di Como una meta di turismo culturale. Ottime, invece, le aperture che tutti si stanno sforzando di attuare, e ParoLario un po’ di più. Quest’anno, coinvolgendo nel programma non solo altre innumerevoli associazioni, ma anche i Comuni di Cernobbio e Brunate, oltre a Como, ha certamente dato sedi e skyline adeguati all’aspirante capitale della cultura.

© RIPRODUZIONE RISERVATA