Alla fine dell'anno un gruppo di amici ed estimatori di Piero Chiara si è radunato a Luino, visitando la tomba dello scrittore e i luoghi da lui prediletti. Ricordo quando Chiara morì, il 31 dicembre del 1986: fu una scomparsa che, a rivederla con gli occhi di oggi, segnò il tramonto di un'epoca. L'epoca dell'amore per la propria terra, per le piccole cose di ogni giorno. Per fortuna Chiara ce ne ha lasciato ricca testimonianza nei suoi libri. Dopo infatti è cominciata un'epoca diversa, di abbandono delle case natie, di lavoro in località lontane, perfino in altri mondi. Che malinconia.
Gino Canali
Proprio nei giorni d'una fine di dicembre di qualche anno precedente alla sua morte, Chiara scrisse un elzeviro sul Corriere per celebrare Alfredo Binda, che aveva compiuto da poco tempo ottant'anni. Raccontò di quando, cancelliere a Cividale del Friuli, andò a Udine per assistere all'arrivo d'una tappa del Giro d'Italia. E qui riuscì a intrufolarsi nell'albergo Croce di Malta che ospitava la Legnano, la squadra di Binda, maglia rosa della corsa. Spacciandosi per un parente dell'Alfredo, Chiara ottenne di potersi affacciare alla camera dove il campione riposava. Binda, avvistatolo, chiese chi fosse, e saputane la provenienza luinese, disse di lasciarlo pure dove stava. E Chiara ebbe modo d'osservare per una buona mezz'ora il suo idolo. Nei cui occhi, scrisse, ebbe la sensazione di scorgere la terra che aveva dato ad entrambi i natali. «Nessuno come lui viveva quel pasesaggio, entratogli nella mente come il modello ideale di tutti i percorsi affrontati in ogni parte del mondo». Individuando in Binda il simbolo dei luoghi amati, Chiara provò consolazione: «Ero lontano da casa, ma con dentro Valcuvia e Valtravaglia, Varesotto e lago Maggiore, le Prealpi e i piccoli fiumi e torrenti che scorrono segretamente al piede dei monti». Questo era il bene, così intenso da essere talvolta struggente, che voleva alla sua terra. Non credo sia un bene di cui s'è perduta la contezza. Forse ce la si scorda più di frequente che in passato, ma poi viene per tutti il giorno del richiamo agli affetti più cari. E alla culla, e al luogo di “residenza” della culla, prima che agli altri. Possiamo far finta d'ignorare le origini, ma possiamo farlo con gli altri, non con noi stessi. E accorgerci prima che sia troppo tardi che non c'è globalizzazione capace di snaturarci al punto di disconoscere da dove veniamo. Talvolta ci si chiede qual è il modo per rispondere alla solitudine che ci prende anche (soprattutto) se siamo tra la folla: eccolo il modo, la memoria del passato.
Max Lodi
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