Nel maggio del 1997, per commentare l’assalto al campanile di San Marco da parte di un gruppo di separatisti veneziani a bordo di un carrarmato di cartone, Vittorio Feltri, ai tempi direttore del Giornale, ideò un titolo memorabile: “Il Veneto in armi. Lo guida Buson”.
Ora, Gilberto Buson era uno dei componenti della pattuglia di cosiddetti “Serenissimi” che si era messa in testa con quell’azione eclatante di dare il via alla liberazione delle genti dallo Stato italiano borbonico tassatore e autoritario. Il grande giornalista, con lo stile dissacrante e scorrettissimo dei suoi anni d’oro, aveva malignamente giocato con l’omonimia tra il cognome dell’eroico patriota e il termine dialettale veneto che indica in modo denigratorio i gay - oggi una cosa inaudita, che gli costerebbe la radiazione dall’Ordine dei giornalisti, la scomunica papale e la condanna a morte - per far capire che quello non era affatto un colpo di Stato, come invece ululavano i media conformisti e farisei riuniti sotto il cappello del “giornalista collettivo nazionale”, ma solo una ridicola bravata di un gruppo di dementi. Quali erano, in effetti, i “Serenissimi”.
Visto che siamo un paese meraviglioso che da sempre fa scuola al mondo, questa immagine grottesca di quell’ancor più grottesca carnevalata, è tornata in mente dopo aver visto le immagini, anche queste grottesche, dell’assalto al Campidoglio di Washington da parte degli ultras di Trump. Con l’unica differenza che lì c’è scappato il morto, anzi, cinque, perché si sa che negli Stati Uniti hanno il grilletto facile e “per fortuna” che gli assalitori erano tutti bianchi, altrimenti i morti sarebbero stati cinquanta e sarà meglio che ci diciamo pure queste cose se non vogliano fare i tartufi come al solito. Ma al di là di questo dettaglio non da poco - perché gli States restano comunque la terra della frontiera e dei western, l’Italia il paese di “Vogliamo i colonnelli” e di “Tutti a casa” - il profilo biografico dei leader della folla che ha saccheggiato il parlamento non richiama per niente un golpe, ma una rivolta di poveracci, di invasati e di falliti, che possono anche essere pericolosi, ma che nulla hanno a che vedere con una forza sovversiva guidata da un’intelligenza in possesso di un piano strategico politico e militare. E sarà meglio che ci diciamo pure questo.
A questo punto della vicenda, la cosa più grave sarebbe pensare che tolto di mezzo Trump si siano automaticamente tolti di mezzo settanta milioni di americani che credono nella sua figura, nella sua politica e che sono stati sedotti dai suoi metodi e, soprattutto, dalla sua idea perversa di democrazia. Se questi esistono, vuol dire che gli altri, gli intelligenti, qualcosa hanno sbagliato. Così come sarebbe grave se tutta la politica anche italiana non operasse una profondissima riflessione su quella vera e propria truffa intellettuale costituita dalla retorica del popolo, della massa, della gente, che è fenomeno trasversale e onnivoro e niente affatto esclusivo dei partiti di destra, visto che dà senso e corpo ai 5Stelle e anche a larghe frange dei partiti di sinistra.
Bene, quella roba lì, la cosiddetta gente, non è quella che ci hanno spacciato questi leader di serie c, non rappresenta la vera anima della nazione, la saggezza, la purezza, la castità, l’onestà e tutto il resto delle moine ipocoristiche con le quali inzaccherano i loro penosi comizi e i loro ancor più penosi atti di governo. La gente è solo e soltanto quella roba lì: gli ubriachi dell’assalto al campanile di San Marco e i disadattati dell’assalto al Campidoglio di Washington. Esattamente quella roba lì. Solo e soltanto quella roba lì. Che è l’equivalente del molesto da bar, dell’analfabeta arricchito, del lazzarone che lo Stato dov’è? e di tutto il peggio del paese che viene invece portato in palmo di mano come il miglior rappresentante italico. Più sei somaro, meglio è. Ma il fatto che questi votino non significa che abbiano ragione e non giustifica neppure che un partito, invece di guidarli, formarli e gestirli, li insegua pedissequamente alla mera ricerca del consenso in una continua corsa al ribasso.
E questo - sia chiaro - non è affatto un plauso ai ricchi, ai nobili, ai potenti. Alla casta. Al contrario. È una rivendicazione del valore centrale dell’individuo - anche se non è nessuno, anche se è figlio della serva, anche se è un morto di fame, anche se abita sull’Aspromonte - del valore della persona singola, che grazie all’intelligenza, alla volontà, allo studio e alla fatica, si crea una propria personalità, non si fa plagiare dai conformismi, dai luoghi comuni, dagli stereotipi e rivendica la propria autonomia di scelta. A quel punto, l’individuo vive assieme agli altri individui tramite un legame di comunità, di sangue, di mestiere, di cultura, di interessi, ma restando individuo, con il suo cervello e la sua identità, non si trasforma in un troglodita massificato che si beve tutto quello che gli dicono, che sdottoreggia di argomenti di cui non sa nulla e che crede alle teorie dei terrapiattisti e all’invasione dei rettiliani.
Quanto è fragile la libertà, quanto è fragile la democrazia, sempre che siano mai esistite per davvero, tanto che forse è meglio parlare di tentativi faticosi e maldestri di libertà e democrazia, quanto è inadatto l’uomo a difendere concetti così alti, così colti, così ambiziosi e quanto è semplice, invece, farsi indottrinare dal grande capo che pensa a tutto lui. È talmente fragile l’ideale di democrazia dentro di noi che basta un attimo per vederlo soccombere e sparire. Ma non, come starnazzano i soliti tromboni del progressismo da salotto, a forza di putsch, lager o bombe atomiche. La democrazia se ne andrà - e forse se ne sta già andando - proprio come abbiamo visto in questi giorni felliniani, tra uno sberleffo sui social, un idiota con un cappello con le corna, un pagliaccio, una torta in faccia e uno sbadiglio. In fondo, è così comodo vivere da servi…
@DiegoMinonzio
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