E si spense la luce
Le occasioni perse per celebrare Volta

Cosa resta oggi delle Voltiadi? Molti soldi spesi e poco altro
Resoconto amaro nell’anniversario dell’invenzione della Pila

L’aeroporto di Malpensa non è stato dedicato ad Alessandro Volta. E neppure la funivia mai realizzata da Brunate al Faro Voltiano, mentre i veicoli elettrici non hanno trovato energia e i consumi nel settore domestico sono stati razionalizzati dal caro bollette più che dalle nuove tecnologie di un progetto chiamato Eureco. Ma Como sognava tutto questo ed altro ancora esattamente dieci anni fa. Era l’anno delle Voltiadi, curate da un Comitato nazionale ed uno regionale, con idonea giunta esecutiva, tre ministri, undici presidenti, due comitati promotori, cinque università, varie accademie e dipartimenti, segreterie scientifiche ed organizzative, tutti gli enti e molteplici associazioni locali. Erano tutti concentrati su Como, dieci anni fa come adesso: il 19 e il 20 marzo 1999 sarebbe stato celebrato il Bicentenario dell’invenzione della pila di Alessandro Volta, con la scoperta dell’energia elettrica.  Ma il primo giorno di primavera del 1999, con il teatro Sociale gremito di autorità e di scienziati, rappresentò soltanto il culmine di tre anni di manifestazioni e di attività, dal 1998 al 2000, che avrebbero chiuso il primo millennio e avrebbero aperto il secondo.
L’obiettivo delle celebrazioni non era rivolto solo ad esaltare il grande concittadino, bensì a gettare un fascio di luce su Como, a dar valore alla città natale, sulla scorta del Primo Centenario, quando le celebrazioni voltiane diventarono simbolo della rinascita della cultura scientifica dell’Italia post unitaria.
Il Bicentenario portò, innanzitutto, alla riscoperta dei “luoghi voltiani”: la casa natale, al numero 62 di via Volta e sulla facciata continua a spiccare la lapide con la scritta “Fu questa l’avita casa di Alessandro Volta” e nella vicina chiesa di San Donnino, dove lo scienziato fu battezzato e insegnava catechismo, l’Accademia Galli curò i restauri delle cappelle del Caresana e del Fiammenghino. Il liceo classico Alessandro Volta, già dotato di un importante museo di scienze naturali, avviò la realizzazione di un museo scientifico naturalistico e, oltre ai restauri della facciata e delle colonne romane di marmo cipollino, gli enti misero in preventivo una particolare illuminazione di tutti gli edifici tra Via Volta, via Parini e via Cantù. Nella Torre Gattoni, dove Giulio Cesare Gattoni, amico di Volta, inalberò il primo parafulmine d’Italia, subordinato ad impegnativi restauri, si sviluppò un programma per la ricostruzione ideale del laboratorio di scienze con repliche di strumenti scientifici del 1.700 e del 1.800. Ma l’intervento di maggior effetto fu la valorizzazione della piazza Volta, con il rifacimento della pavimentazione, il ridisegno dell’arredo urbano e del verde, il restauro del monumento, la particolare illuminazione e poi, il tempio voltiano, il faro voltiano di Brunate - san Maurizio, la tomba di Camnago Volta segnarono le altre tappe dell’omaggio allo scienziato che accese la luce.

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