Invio, a proposito del Centocinquantenario dell'Unità d'Italia, lo stralcio di una lettera che il volontario Giacomo Bonanomi, comasco, notaio, spedì alla mamma prima di imbarcarsi da Quarto con il Generale Garibaldi. La lettera è bellissima perché senza troppe parole, Bonanomi ci racconta delle sue meditazioni nel consegnare la propria vita alla Patria. Bonanomi era nato a Como nel 1842 e vi morì nel 1890. Eccone il contenuto: «Cara mamma, non ti devi far meraviglia al veder questa mia impostata a Genova, poiché le attuali circostanze politiche te lo possono far immaginare. Saprai che la Sicilia anch'essa vuole la sua libertà, con la unione al Re nostro, Vittorio Emanuele e questo lo dimostra tutti i giorni con sacrifici di ogni sorta, ed è essa che mi chiama per la sua redenzione, giacché non è l'Italia del Medioevo, ma è l'Italia degli italiani. Come molti giovani dell'Italia centrale e meridionale si immolarono l'anno scorso sui campi di battaglia a Magenta, Solferino, Varese, Como, ecc. combattendo per la nostra libertà, così anch'io mi trovo in dovere di fare quanto essi fecero per noi!». La lettera è stata da me ritrovata presso un pronipote e sono sicuro che questo documento sia un caposaldo importante per capire come, solo su sacrifici reciproci, fu possibile l'Unità d'Italia. Il ritrovamento mette sullo stesso piano tutti i giovani che nel 1860 si unirono a Garibaldi nella grande impresa dei Mille. Saluti garibaldini.
Arduino Francescucci
Caro amico,
un grazie non basta per averci inviato il documento. Ce ne vogliono centocinquanta, quanti sono gli anni dell'Italia unita. Animo semplice, disponibilità al sacrificio, realismo politico, senso della patria e della storia. C'è tutto questo, e c'è molto altro, nella lettera di Giacomo Bonanomi alla sua mamma. C'è il profilo d'un cittadino che vorremmo fosse il profilo di tutti i cittadini del nostro Paese. Uno che ha rispetto di sé e ancora più rispetto degli altri. Che capisce il significato delle parole dovere e diritto. Prima del dovere che del diritto. Uno che comprende il valore della reciprocità e prova, per quanto gli riesce, a impreziosirlo. Uno che ci fa vergognare, con il suo buon esempio, dei tanti cattivi esempi cha stiamo dando a proposito di Unità negletta, sbeffeggiata, derisa. Uno cui dobbiamo riconoscenza e gratitudine. Uno di noi. Di come dovremmo essere tutti noi e che invece non siamo perché la memoria del passato non è né diffusa né condivisa né consacrata. Dire consacrata non è dire un'idiozia: la memoria d'una nazione è sacra. Solo i profani non lo sanno.
Max Lodi
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