Si cresce. Non tutti, non spensieratamente, e infatti si paga un conto salatissimo.
Lo raccontano due mondi molto diversi, ma ugualmente cruciali per Como. Il tessile che conferma la lenta risalita, spingendosi a sperare che l’anno prossimo varrà anche il doppio. E il comparto metalmeccanico, che viene associato meno istintivamente all’industria comasca, ma non si potrebbe sbagliare di più.
Questi due mondi ieri si sono confrontati a distanza di poche ore, attraverso le cifre e non solo. Hanno raccontato la medesima storia, di sacrifici, di passi indietro e di altri avanti all’interno anche dello stesso settore.
Emblematico il caso delle attività industriali metalmeccaniche, che negli ultimi anni hanno visto un’emorragia di posti di lavoro. Che se guardano avanti, non riescono a trovare un motivo di sorridere, in un Paese dove l’incertezza della legge sembra talvolta l’unica certezza. Non riescono, a meno che guardino dentro se stesse, le competenze preziose delle persone che ci lavorano, il coraggio degli imprenditori che investono nonostante il salasso costante e confuso inflitto dalle istituzioni. O al contrario, puntino gli occhi lontano, molto lontano: a quel pianeta che ormai sembra l’unico alleato o poco ci manca.
Perché il mercato globale ha messo tutto sottosopra, con concorrenti che hanno potuto giocare le proprie carte o nel segno della slealtà quasi certificata oppure comunque forti di un sistema Paese in grado di accompagnarli. Ma nello stesso tempo lì sono cresciuti gli anticorpi per venir fuori o almeno controbattere con più determinazione alla crisi.
Il responso dell’export è quello che non mente e che racconta chi potrà stare a galla e come. Proprio nella metalmeccanica non ha avuto mezzi termini: ha premiato con vigore l’elettronica e tutto ciò che si lega a questo universo estremamente innovativo, su cui Como può dire la sua con autorevolezza. Ha punito altri settori rimasti più tradizionali nella produzione o con un approccio che non ha saputo svecchiarsi.
I punti condivisi con il tessile sono evidenti. Sia nella mentalità, sia nell’individuare nuovi filoni e infine nel rapportarsi con i mercati esteri, in una fase in cui la domanda interna non si smuove.
Ma più dell’analisi di ciò che è la situazione, forse si può trarre linfa comune dalla ricerca di soluzioni. Perché davvero il mondo appare l’unico alleato, quando nel nostro Paese, a volte nel nostro territorio, gli ostacoli sembrano in grado di riprodursi in modo impressionante, invece di essere ridotti.
Quello che affermano entrambi i settori, in fondo, è proprio questo: che spetta a ciascuno di noi, a ogni livello, aiutare questa tendenza timida di crescita e far sì che abbia ricadute convincenti sul territorio.
Tocca al Governo nazionale che tentenna, parla e si arena, poi riprende stancamente a discutere, come alle istituzioni locali che hanno margini di azione, da apparati più snelli a un fisco ritagliato sulle reali condizioni del territorio.
A ogni livello, in ogni ruolo si può agevolare questa partita. Anche perdendo o almeno affievolendo una mentalità di contrapposizione, trovando terreni su cui confrontarsi e quindi costruire. Così l’ostacolo può diventare un’occasione per crescere, come porta in sé l’etimologia della parola crisi, invece di frenarci inesorabilmente.
© RIPRODUZIONE RISERVATA