Frontalieri tra multe-beffa e stonature

I lavoratori frontalieri delle province di Como, Sondrio e Varese, che sono circa 55.000, dovranno pagare una «multa» di 26 euro a testa per sanare la propria posizione nei confronti del fisco italiano in merito allo scudo fiscale. Una sanzione si paga se, ad esempio, in auto si superano i limiti, o si passa con il semaforo rosso. Gradirei sapere quale violazione commessa dai suddetti lavoratori possa giustificare il pagamento di quella somma. Lo Stato ha stabilito, in buona sostanza, che 26 euro è una somma equa, in quanto i frontalieri «si caratterizzano per la carenza della volontà di porre in essere comportamenti illeciti». E allora, per quale motivo bisogna pagare? Per il solo fatto di essere lavoratori frontalieri? Facendo un rapido calcolo, il fisco italiano incasserà un milione 430 mila euro, che naturalmente non servirà a migliorare i servizi. Complimenti vivissimi al nostro efficiente Stato, che invece di aiutarci in questo momento non proprio facile non trova di meglio da fare che continuare a mettere le mani nelle nostre tasche.

Francesco Quaranta

Non sempre (quasi mai?) chi si comporta seguendo le regole viene ricompensato dalle regole con un analogo comportamento verso di lui. A proposito di giustizia, poi, resiste un vecchio adagio piemontese che merita d’essere ogni tanto ricordato, perché la saggezza popolare vale più di molte altre virtù per cogliere l’essenziale della vita. Dice, quest’adagio: «Guai a quel ca s’incaprissia d’avulèi giusta la giustissima». Guai a chi si mette in testa di voler giusta la giustizia. La giustizia è quella amministrata nei tribunali, ma è anche quella amministrata fuori di essi e prende nomi diversi, per esempio giustizia sociale. I frontalieri, nella circostanza, se ne son fatti un’idea non esemplare. Ma se ne son fatti anche una ragione, perché gli sarebbe potuta persino andar peggio, viste le bizzarrie di cui è spesso teatro il nostro Paese. Dove c’è chi la fa franca per decenni sfuggendo al dovere di contribuire alle casse statali, e c’è chi si trova a essere perseguito per inezie dopo averle pagate da una vita. Dobbiamo dunque sottoscrivere il manifesto nazionale della sfiducia? Forse è meglio affidarci a qualcosa di diverso. Norberto Bobbio, non proprio un ottimista in tema di previsioni politiche, scrisse che soltanto dal pessimismo può nascere un cambiamento: «Il pessimismo non è disfattismo, non è augurarsi che le cose vadano peggio: è uno stato d’animo doloroso, un preludio alla speranza». Chissà se prima o poi finirà, questo preludio stonato. E camiberà la musica.

Max Lodi

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