Cara provincia
Domenica 26 Aprile 2009
Galantuomini in un Paese con pochi ideali
E' questa la grande scommessa quotidiana: affrontare ogni ordinario problema con lo spirito con cui affronteremmo un’impresa straordinaria
In quel piovoso mercoledì 18 dicembre 1935, in tutta Italia, celebrando la Giornata della Fede, le mogli offrivano alla Patria la loro fede nuziale: nel nome dei 650mila caduti nella Guerra 1915-18, per sostenere l’Italia autarchica, e la guerra d’Etiopia (già in corso). Con Fascismo, Monarchia, e Chiesa cerimonialmente compatti in un debito di riconoscenza verso quei morti che, retorica a parte, in ogni caso c’erano stati davvero.
Quel 4 novembre, dal 1922 festa nazionale, e dal 1977 assorbito dalla prima domenica dello stesso mese, quindi non più festività, vale quindi meno del 25 aprile; e io che invece pensavo valesse di più! Morti a parte, almeno per una ragione: nel 1918 la Guerra l’abbiamo vinta, nel 1945 la Guerra l’abbiamo persa: ridateci la festività del 4 novembre!
Gianfranco Mortoni
Credo non sussista un problema d’equiparazione di date considerate storiche dalla sensibilità popolare. O meglio: da chi della sensibilità popolare è un interprete istituzionale. Più che da discutere, sono da accettare, soprattutto se onorano comunque dei caduti. E talvolta degli eroi, merce rara in un Paese frequentato da antieroi che però sanno riscattarsi quando meno ci si aspetta che lo facciano: è un pregio e un difetto antico di quella massa d’individualisti quali noi siamo.
Detto questo, prendo spunto dalla sua lettera, caro Mortoni, per aggiungere qualcosa a proposito d’eroismo. Scrive Pirandello nel “Piacere dell’onestà” che «…è molto più facile essere un eroe che un galantuomo. Eroi si può essere una volta ogni tanto; galantuomini, si dev’essere sempre». Ed è questa la grande scommessa quotidiana: affrontare ogni ordinario problema con lo spirito con cui affronteremmo un’impresa straordinaria. Un compito, nonostante le apparenze, assai più difficile: perché quel che facciamo nella riservatezza del nostro privato non ottiene il plauso concesso dalla ribalta pubblica. E spesso l’assenza della seconda rende meno gratificante il primo. Chi per esempio accudisce anziani, malati e disabili non ha una festa nazionale dedicata, eppure gliela dovremmo dedicare ogni giorno, associando nella riconoscenza tutti quelli che mettono il loro impegno al servizio degli altri. Dentro e fuori la famiglia. So di spendere chiacchiere giudicate, nella migliore delle ipotesi, un’utopia. Però se ogni tanto non ci si guarda un po’ più da vicino, e non si prova a combattere qualche piccola guerra ideale, diventa un problema andare lontano. E non perdere la guerra con la propria coscienza, che non è la meno importante di tutte.
Max Lodi
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