Grazie alla cortese disponibilità del governo italiano, in questi giorni Roma si trasforma in un circo, con tanto di tendoni, cavalli e gente in costume, per accogliere qualcosa di più di una semplice visita da parte di Gheddafi: infatti la sua è una vera e propria lezione di metodo, non puro folklore.
Il dittatore libico, pudicamente definito leader dai mezzi di informazione, è riuscito infatti nel capolavoro politico di farsi accettare dai governi europei, costretti a riceverlo per ragioni economiche (petrolio e commesse varie) e perché, bontà sua, ha da qualche anno abbandonato il terrorismo.
Ogni suo viaggio, peraltro, è una catastrofe diplomatica per l'Europa, soprattutto perché l'accondiscendenza alle sue stravaganze rivela tutta la sorridente debolezza della controparte.
Certo, c'è modo e modo: e in questo l'Italia ha rivelato purtroppo un servilismo degno di miglior causa, in ragione della statura politica dei nostri governanti, che si trovano evidentemente in sintonia naturale con la pacchianeria esibizionistica del capo libico, tanto quanto sono pronti, in altre occasioni, ad accogliere le lezioni di democrazia dell'"amico Putin". Che venga di qui l'insofferenza più volte dichiarata nei confronti della nostra Costituzione?
D'altra parte la Libia si è assunta l'incarico di frenare l'esodo di profughi verso il nostro territorio: poco importa se si tratta in gran parte di persone che avrebbero diritto all'asilo, e ancor meno importa che siano di fatto torturate nel deserto. Sono fatti lontani, che non ci riguardano...
In cambio del lavoro sporco, allora, e alla faccia delle "radici cristiane dell'Europa" ipocritamente invocate in tanti altri contesti, ben vengano le lezioni di religione islamica (in una versione personale e teologicamente infondata) propalate ad estatiche hostess prezzolate.
Apprendiamo che con settanta euro a testa è possibile riempire le sale: chissà che questo sistema non si estenda in futuro ad altre assemblee religiose e di partito, vista la crescente disaffezione in atto, contribuendo in tal modo a contrastare la disoccupazione giovanile nel nostro paese.
Prof. Andrea Luppi
(vi.co) Caro professor Luppi,
c'è poco da aggiungere. E' un'Italia coloniale, nel senso che si inchina come fosse una colonia di Tripoli. O forse no: la nostra è solo una sgangherata - ma divertente - Repubblica delle banane.
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