Gli Alpini ricordano un pacifista
L’ambasciatore gli intitola un ponte
Cronaca per immagini del viaggio di una delegazione canzese dove nel 1993 perse la vita Moreno Gabriele Locatelli, ucciso da un cecchino su un ponte di Sarajevo mentre prestava soccorso alla popolazione civile
Istantanee per la cassaforte della memoria: sono immagini risalenti allo scorso 3 ottobre, giorno in cui, a Sarajevo, si è ricordato il sacrificio di Moreno Gabriele Locatelli, ucciso da un cecchino su un ponte della città bosniaca.
La prima istantanea è quella del gruppetto di canzese che hanno inteso dare spessore al verbo “ricordare”, con la loro presenza a Sarajevo. Gente senza etichette, se non quella di essere legata dal comun denominatore della testimonianza. Tra gli altri gli Alpini, unica associazione del paese che ha dato i natali a Moreno. Orgogliosi, con la loro piuma nera. La seconda istantanea: gli impegni presi dal nostro ambasciatore a Sarajevo, Ruggero Corrias: «Questo - ha detto - diventerà il ponte Moreno Locatelli». Non più, dunque, ponte Urbanja. C’è il consenso del vice sindaco di Sarajevo Grad, Ranko Covic: «Sono d’accordo: Moreno è stato un nostro grande amico. Rappresenta l’esempio più significativo che tanti volontari da tutto il mondo, anche durante la guerra, non ci hanno lasciati soli». A breve, accanto a quella di due ragazze bosniache, coetanee, diciottenne, sarà posta una targa dedicata a Moreno. «È questa la mia prima uscita ufficiale da ambasciatore - aggiunge Corrias -. La ritengo significativa: salda i rapporti fra questa città e il nostro Paese. Dico perciò grazie a Moreno», che come ricorda ancora il vice sindaco «era molto amico dei bambini di Sarajevo». Non sono apparse parole convenzionali. Millequattrocento i minori uccisi durante i 1400 giorni di assedio. Ogni giorno la vita di un bambino spezzata. Millequattrocento innocenti. Più uno, Moreno.
Terza istantanea: a Grbavica, dove ci sono una lapide e la Ulica (via) Gabrijele Moreno Locatelli. Qui gli interventi di cui già si è scritto, quelli di don Albino Bizzotto, fondatore dei Beati costruttori di pace, e di Fahoro, ex poliziotto, l’ultimo bosniaco ad aver visto vivo Moreno. Il sacerdote, per l’occasione, ha scritto una preghiera nel nome del volontario canzese: «Il tuo urlo contro la guerra risuona ancora in tutti noi...». Il vice sindaco di Sarajevo Grad spiega ancora che u n nuovo parco sarà realizzato per i bimbi del quartiere: «Un parco dedicato a Moreno». Ancora i bambini, occasione per una quarta istantanea, in centro citttà: una fontana e dei rulli in acciaio con 1400 nomi e 2800 date, di nascita e di morte, ciò che rimane dei minori le cui impronte (virtuali) si evidenziano nella pavimentazione della fontana, impronte di piedi che non hanno camminato sull’erba, sulla sabbia, in casa, nei boschi, per strada. O se lo hanno fatto è stato per pochi anni. Così Emilio del Bono, sindaco di Brescia, tramite un suo portavoce: «A Brescia, dove ha vissuto negli ultimi anni, Moreno è molto ricordato, come campione di generosità». E una voce da Canzo, per chi non era Sarajevo: Olga, la mamma di Moreno, e don Renzo Scapolo, il sacerdote costruttore di ponti, che nella capitale bosniaca ha vissuto sotto le bombe. Ultime istantanee le belle immagini di un nostro anziano connazionale, Bruno Palestra, 83 anni, portati con orgoglio, e di due giovane donne bosniache, Aida e Amina, coetanee, 23 anni, conosciute dieci anni fa. Bruno è stato la colonna sonora, la guida assieme a Massimo Invernizzi, giovane di Asso, della permanenza a Sarajevo. Aida e Amina rappresentano l’esempio vivente dalla solidarietà: si sono laureate, hanno conosciuto il nostro Paese, grazie ad un ponte, uno dei tanti costruiti nel nome di Moreno.
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