In una canzone di Francesco Guccini, Gli Amici, c’è una strofa “c’è gente che è di casa in serie B”. Potrebbe calzare a pennello per il Como che questa categoria ritrovata dopo 11 anni l’ha bazzicata parecchio.
Ma l’impresa dei guastatori di Sabatini (hanno preso i playoff per la coda per poi andare a fare sfracelli con le uova dei panieri altrui), al di là delle regole del pallone che prevedono di fare un gradino alla volta, forse vale più della pur ragguardevole cadetteria. Per quello che è stata capace di fare la squadra ma anche per il contributo straordinario che anche ieri, in condizioni meteo da tregenda, ha saputo dare la città.
La finale di ritorno ha confermato e rilanciato quanto già visto in quella d’andata. Un abbraccio, quasi da stritolare, di Como al Como. I tifosi che sono partiti per Bassano, i tanti che hanno seguito gli azzurri davanti al maxischermo e sotto la pioggia, coloro che con ogni mezzo hanno cercato di partecipare a questa impresa. Qualcosa che ha ben pochi precedenti. Spesso il rapporto tra il Calcio Como, la città e l’amministrazione comunale ha vissuto fasi di bassi. Adesso è tutto il contrario. Conta anche il fatto di avere un sindaco, “ultrà”, che il Como ce l’ha davvero nel cuore a prescindere dalla passerelle elettorali. Mario Lucini come semplice tifoso prima ancora che primo cittadino non ha mai fatto mancare il sostegno agli azzurri. Una cosa che perfino il più acerrimo dei suoi avversari non può confutare. Prima della sfida decisiva, il sindaco ha voluto mandare un videomessaggio di sostegno alla squadra. E ieri ha esultato assieme a tanti altri suoi concittadini.
Non c’è miglior viatico per affrontare i problemi che la promozione in serie B porta con sé. Primo fra tutti quello dello stadio che andrà adeguato alla nuova categoria. Lucini ha le idee chiare e certo favorirà la collaborazione del Comune alla società. Sembra scontato ma chi non ricorda certe scenette post promozione tra l’allora presidente del Como, Enrico Preziosi e alcuni amministrazioni dell’epoca? Torti e ragioni stavano certo da entrambe le parti. Ma il cortocircuito non contribuì a valorizzare l’immagine della città.
Adesso il Como ha un presidente e dei soci comaschi. Sono persone che vivono e operano nella nostra realtà e questo aiuta.
Poi c’è stato il fattore sorpresa anch’esso determinante. Se il Como avesse condotto un campionato di vertice, probabilmente l’entusiasmo sarebbe stato diluito. Invece i playoff acciuffati per i capelli e vinti contro ogni pronostico, giocando sempre a testa alta hanno fatto innamorare la città della sua squadra.
Ecco perché quanto mostrato dai comaschi in queste settimane merita qualcosa di più della serie B. In attesa che ci arrivi la squadra (prego, partano gli scongiuri di rito) la città, se proseguirà con questo entusiasmo e con l’energia profusa, può già raggiungere la serie A nel proprio campionato. E il Como squadra deve diventare un formidabile testimonial di Como che si aggiunge ai tanti altri. La sinergia, insomma, non si deve fermare qui. A cominciare dallo stadio (Il più bello d’Italia) che deve restare lì e diventare il volano per valorizzare ulteriormente la zona dal punto di vista urbanistico. Anche in questo caso si registra una sintonia tra il Calcio Como e il Comune. Non è stato sempre così. Anzi, la posizione dello stadio fu strumentalizzata in funzione di alcuni appetiti che, se soddisfatti, avrebbero rischiato di deturpare il contesto.
Ma questo appartiene al passato. Da oggi comincia la corsa alla serie A (ridagli con gli amuleti) per il Como e per Como.
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