Siamo di fronte ad un'intera generazione che sta entrando nel mercato del lavoro con gravi ritardi, in condizioni pessime, sia da un punto di vista economico che psicologico e motivazionale. Giovani adulti che sono costretti ad accettare posizioni mal retribuite, poco gratificanti e poco formative. Dobbiamo essere consapevoli che recenti ricerche condotte negli Stati Uniti dall'economista di Yale Lisa Kahn, dimostrano che le generazioni le quali iniziano a lavorare in periodi di recessione restano penalizzate per tutto il resto della loro vita: carriere più lente, lavori meno gratificanti, salari significativamente inferiori persino a distanza di anni dal primo lavoro, con gap retributivi rispetto alle generazioni più fortunate che toccano punte del 25%.
Secondo questi studi, i giovani che devono fare i conti con un ingresso nel mondo del lavoro più difficile sviluppano anche una maggiore avversione al rischio che si portano dietro per tutta la loro carriera, diffidenza nel cambiare lavoro (che è invece uno degli strumenti migliori per progredire e guadagnare di più), minori ambizioni.
Tutto ciò, naturalmente, soprattutto nei Paesi occidentali come l'Italia in cui l'invecchiamento costante della popolazione e il peso crescente di pensioni, assistenza sociale e sanità, richiedono notoriamente una forza lavoro sempre più dinamica, produttiva, capace di generare innovazioni e redditi più alti, nel lungo periodo, comporta pesanti costi per la collettività.
Più oggi si svalutano le carriere dei giovani, le loro competenze, i loro salari e le loro motivazioni, e meno essi saranno capaci di contribuire alla crescita del Paese, mettendo quindi a rischio un equilibrio sociale ed economico che, per effetto della globalizzazione, è già abbastanza fragile.
Fino a quando, in Italia, potremo permetterci di escludere e non valorizzare adeguatamente i giovani? Fino a quando li costringeremo ad emigrare all'estero per essere assunti semplicemente sulla base del loro curriculum, senza agganci e raccomandazioni, e per non diventare stagisti a vita?
Fabrizio Mirabelli
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