Ho letto che il cardinal Tettamanzi è preoccupato di come il "buon senso" la normalità, le cose che facciamo tutti i giorni siano percepite come strane rispetto alle mille stranezze, cattiverie, cose non fatte della quotidianità. Lo siamo anche noi. Ricordo che il grande Chesterton diceva: «La grande marcia della distruzione intellettuale proseguirà. Tutto sarà negato. Tutto diventerà un credo. È una posizione ragionevole negare le pietre della strada; diventerà un dogma religioso riaffermarle. È una tesi razionale quella che ci vuole tutti immersi in un sogno; sarà una forma assennata di misticismo asserire che siamo tutti svegli. Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate». Anche chi vive nel mondo, nel lavoro, per strada, in fila alle poste, al parco coi figli se ne accorge tutti i giorni. Per questo dobbiamo, ognuno di noi, sovvertire questo andazzo nel nostro piccolo mondo, coi colleghi, in auto, sorridendo alla vita che ogni primavera fa germogliare nuova vita nella natura e in tutti noi senza gridare ma salvandoci.
Andrea Zaccone
Il cardinale Tettamanzi fa bene a preoccuparsi di quest'assenza di normalità. Credo (spero di sbagliarmi) che sulla riduzione del fenomeno non sia ottimista, sebbene sia tenuto ad esserlo per dovere d'ufficio se non per convinzione personale. Purtroppo la tendenza va in direzione opposta. La normalità vien fatta passare per noia e in tal modo le si attribuisce quella sorta di “vuoto che c'invade” di cui scrisse Montale, un poeta che fece il pieno di genialità. Il guaio è che il “vuoto che c'invade” è rappresentato dal contrario della normalità. E questo contrario si va sempre più affermando. Tanto da far dubitare del valore che la normalità continua a rappresentare: piccoli e ripetuti e semplici e naturali gesti d'un vivere quotidiano che vede ciascuno di noi affiancato a un insieme di altri diversi da noi e, nello stesso tempo, eguali a noi. Troppo banale per essere giudicato interessante? Temo sì, troppo banale. Perché quando si consuma - e da un bel po'si sta consumando - un'epoca di disgregazione, la misura del normale diventa spesso il suo opposto e viene innalzata a modello. La storia insegna che cambiare modello non è mai facile, e vi si può talvolta riuscire (anche questo lo insegna la storia) solo modellando il cambiamento: cioè affrontando con realismo la situazione.E' quello che da un bel pezzo sta cercando di fare l'arcivescovo di Milano, incontrando sorprendenti obiezioni.
Max Lodi
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