All’avvio del Polo formativo del legno, voluto fortemente dagli imprenditori, Giovanni Anzani raccontò un aneddoto. Il titolare della Poliform spiegò come al Meeting di Rimini in passato avesse incontrato 73 liutai che insegnavano ai ragazzi questo mestiere. E alla domanda «Quanti italiani?» arrivò la sconfortante risposta: zero.
Ci sono mestieri che in effetti vengono snobbati, anche nel nostro territorio. E se ottengono qualche attenzione, avviene più con gli stranieri.
Questione di motivazione, di necessità, di capacità di affrontare i sacrifici? È un’analisi troppo frettolosa e salta un passaggio. Perché a lungo c’è stato un altro motivo, che in qualche caso persiste. Si tratta di una mancanza: quella del dialogo tra le aziende e la scuola, che ha coinvolto anche le famiglie.
Spesso non si è saputo comunicare cosa serviva veramente al mondo dell’impresa: si trovava un muro oppure non si voleva aprire una porta. Chi ha saputo superarlo e ha creato occasioni di incontro, non se n’è pentito. Se Como è uno dei pochi distretti tessili - giusto per fare un esempio - che ha preservato e rilanciato il Setificio, è proprio perché ha trovato uomini in grado di compiere questo sforzo.
C’è stata una chiusura da parte della scuola, ma anche una diffidenza mostrata dalle aziende. Questo non parlarsi ha favorito una serie di malintesi già fioriti nelle famiglie. Senza demonizzare nessuno: perché è umano che il nonno contadino o il papà operaio, con la fatica scolpita sul volto, in passato abbiano spinto le successive generazioni a un riscatto sociale. A studiare, a prendere quel titolo di dottore, ad avere una vita apparentemente meno tribolata di loro.
Anche in questo caso la crisi ha contribuito a imprimere una scossa a simili convinzioni. A spazzare via l’impressione che una professione valga di più o di meno. E oggi certo ci sono profili richiesti dalle imprese e snobbati dai giovani. Ma non mancano sorti diverse, come quella che si può riscontrare nell’agricoltura: uno dei mestieri che richiede più sacrifici, eppure sta vivendo una rinascita proprio tra i ragazzi. Rinascita ancora più ammirevole perché si sono aggiunti pesi che un tempo erano assenti, come quello della burocrazia.
Un risveglio di interesse che si percepisce anche altrove: pensiamo a quel Polo del legno citato prima e allo sguardo luminoso degli alunni che sanno tirar fuori la bellezza di un'idea dalla materia del legno, felici di aver trovato una strada e di portare avanti una tradizione.
Ce ne sono ancora, di ragazzi così, che hanno voglia di scoprirsi e scoprire ciò che li renderà grandi anche senza clamori. Fondamentale è consentire loro di incontrare la strada giusta, senza pregiudizi né illusioni. È prezioso per questi giovani, come pure per un Paese come il nostro che non può permettersi di perdere i tesori tra i più preziosi, magari perché brillano di meno sotto le luci dei riflettori.
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