Cara provincia
Mercoledì 15 Aprile 2009
Il referendum e le ferie in "minoranza"
Le preoccupazioni sembrano non essere solo economiche
Mi sembra che le forze contrarie al referendum elettorale si stiano arrampicando sui vetri cercando di disquisire sull’utilità o meno dello strumento. La questione è semplice. Il referendum è un istituto previsto dalla Costituzione. Le firme per il referendum elettorale sono state raccolte regolarmente e la Corte Costituzionale ne ha verificato la validità. A giugno, quindi, ci sarà comunque questa consultazione. C’è una strada logica e senza spese: quella di accorpare il voto con quello delle elezioni europee, quando i seggi saranno già aperti in tutta Italia. C’è poi una strada meno logica e con circa 300 milioni di spese a carico dei cittadini: è quella di accorpare il voto con quello del ballottaggio, quando i seggi saranno aperti solo in alcuni comuni e province. C’è infine una strada illogica e con circa 460 milioni di spese a carico dei cittadini: è quella di farci votare nella domenica libera fra quella delle elezioni europee e quella del ballottaggio. Questa è la scelta propugnata dalla Lega e per la quale il Governo sembra propendere.
Giuseppe Mazzoli
C’è un’altra possibilità. Ai leader referendari non dispiacerebbe che la consultazione si tenesse il 31 maggio, quando gl’italiani non saranno ancora presi dal vortice votaiolo che successivamente li investirà, e hanno illustrato quest’idea perfino al presidente della Repubblica. Le preoccupazioni sembrano dunque non essere solo economiche. Come finirà la partita, nessuno è oggi in grado di dirlo. Se la Lega è contraria alla proposta contenuta nel referendum (premio di maggioranza al partito, e non alla coalizione, che vince le elezioni), Berlusconi sembra non esservi favorevole, sia per non dispiacere alla Lega sia per non dare dei dispiaceri a se stesso perché il futuro del governo resta nelle mani degli alleati del Carroccio. Il problema (non piccolo) è superare il contrasto con gli ex di An, che - Fini in testa - si pronunziarono a favore del referendum, promuovendo la raccolta di firme. Probabile che l’uscita dall’impasse sia un "liberi tutti" rivolto agli elettori, ma facendogli sapere - parlo sempre del premier - che non susciteranno particolari doglianze disertando le urne. Le difficoltà tuttavia non mancano neppure dentro il centrosinistra: Veltroni, se fosse stato il segretario del Pd, avrebbe dato via libera al sì, Franceschini non si sa ancora che cosa farà. Quanto a Di Pietro, ha, come Bossi, convenienza zero ad appoggiarlo. Un pronostico conclusivo? Se gl’italiani vogliono davvero una nuova svolta maggioritaria, dovranno mettere in minoranza la voglia di ferie.
Max Lodi
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