Trent’anni dopo Ettore Majorana torna a Como. Detta così, la frase rischia di ispirare l’ennesimo libro, programma misterico-televisivo o articolone di rivista gossippara sulle possibili seconde vite del geniale fisico (Fermi lo paragonò a Galilei e Newton) scomparso il 27 marzo 1937 su un piroscafo tra Palermo e Napoli. Invece stiamo parlando di qualcosa di molto più interessante: la capacità del cinema e dell’opera lirica (più in generale di tutte le arti) di far vivere infinite vite ai personaggi che mettono in scena e di innescare nelle nostre menti infinite connessioni tra storie e campi del sapere differenti. Trent’anni fa fu Gianni Amelio a portare Majorana a Como, ambientando tra Villa Olmo, l’imbarcadero di Cernobbio e il Concordia scene de “I ragazzi di via Panisperna” che non sono mai esistite nella realtà o che hanno avuto luogo a Roma, all’Accademia dei Lincei, dove si tenne il convegno del ’34 girato in riva al lago.
Eppure la sceneggiatura appare credibile, perché in quegli anni, freschi di celebrazioni voltiane, Como era una capitale della scienza e forse anche per l’enigmaticità della scena sul piroscafo lacustre, che evoca quello marino da cui lo scienziato non scese mai.
Oggi è il Teatro Sociale a riportare sul Lario il più divergente dei “ragazzi” di Fermi, grazie all’opera lirica “Ettore Majorana. Cronaca di infinite scomparse”, una prima mondiale che aprirà la stagione il 28 settembre, preceduta a partire da oggi da altrettanto infinite declinazioni della storia di Majorana, e delle suggestioni ispirate dalla sua figura, che contaminano tutte le arti. In altre pagine e sul sito del Sociale trovate il programma, qui invece vale la pena sottolineare come questa operazione di riconnettere il sapere scientifico con quello umanistico, partendo da due branchie della conoscenza e della creatività umane che non sono tra le più popolari al giorno d’oggi - le scienze dure e la lirica - abbia in sé una valore profondo e sia una scommessa che si può senz’altro vincere attraverso la chiave della curiosità, che iniziative originali è di qualità possono sempre suscitare.
Le stesse motivazioni animano da sempre il nostro supplemento domenicale “L’Ordine” e per questo domani lo dedicheremo a Majorana e agli scenari che apre questo suo ritorno in scena: firme prestigiose (Stefano Simone Pintor, giovane librettista/regista dell’opera, il biografo di Majorana Recami, il nipote Ettore Majorana jr, pagine della “Scomparsa di Majorana” di Sciascia che ci ha concesso la nipote dello scrittore...) veicolano un messaggio importante per vincere le sfide future. Anzi, due: il bisogno di tornare ad avere una visione globale dello scibile umano, in cui scienza e umanesimo sono facce della stessa medaglia, e la responsabilità degli intellettuali (come Majorana davanti all’energia atomica). Tutto questo nella città di Volta, filosofo prima ancora che fisico e poeta nel tempo libero, ha un valore aggiunto. Può aiutarci a riconnetterci con la nostra cultura: magari smetteremo di sottolineare che abbiamo un liceo classico intitolato a uno scienziato e lo scientifico all’umanista Paolo Giovio. Steccati mentali, che ai tempi dei due dedicatari non esistevano.
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