Il sindaco, la Ticosa
e il rischio Fantozzi

«A l ventunesimo del secondo tempo Fantozzi realizzò». È lo sketch tratto da uno dei tre film riusciti della saga inventata dal genio di Paolo Villaggio (sugli altri meglio far calare l’oblio). Il sindaco Mario Lucini ha poco in comune con il disgraziatissimo ragioniere (se non la presenza di qualche Calboni che la spara grossa nei paraggi), eppure sembra aver realizzato molto più tardi di lui che il suo eventuale bis al posto di comando di palazzo Cernezzi è a rischio se non riesce a portare a casa almeno una grande opera. Messa via l’idea dello sciagurato cantiere del lungolago che rischia di aver bisogno di un altro mandato amministrativo per vedere l’happy end, non resta che l’ex Ticosa. Pare infatti (lo racconta Michele Sada a pagina 7) che il primo cittadino abbia deciso di accelerare sul progetto di recupero dell’area che per anni ha ospitato una tintostamperia, poi degli stabili fatiscenti e deserti quindi macerie e ora il nulla.

Obiezione accolta: i termini “accelerare” e “Ticosa” nella stessa frase sono grotteschi. Ma tant’è. Però che questa sia davvero l’ultima spiaggia per il sindaco di centrosinistra che è riuscito a spezzare la ventennale epopea di governo comasco del centrodestra, lo si potrebbe evincere proprio dalla scelta del cimento. Con l’ex Ticosa, infatti (è li da vedere) si sono rotti le corna (metaforiche) tutti coloro che hanno tentato di metterci mano.

L’idea di restituire l’area alla città risale all’epoca in cui i Righeira cantavano “Vamos alla playa”, al governo c’era Fanfani, Renzi faceva le elementari e Berlusconi ancora non era neppure presidente del Milan. Ci hanno provato tutti, politici e amministratori di destra, sinistra e centro salvo poi soccombere di fronte alla maledizione che ha in pancia quell’ampia porzione di terreno. Sembrava essere a un passo del traguardo l’amministrazione di centrodestra guidata da Stefano Bruni che aveva già fatto mettere i manifesti. Si è visto come è andata a finire.

Insomma la scelta di Lucini è un o la va o la spacca. Perché riuscire a trovare il bandolo della ispida matassa Ticosa vale quasi una piazza intitolata in città. Ma non è detto che significhi la riconferma automatica da parte degli elettori. A parte l’ingombrante paragone di Churchill, spedito a casa dagli elettori britannici dopo aver vinto la Seconda guerra mondiale (che vale quasi come il recupero della Ticosa), è inevitabile ricordare che durante tutta la campagna elettorale, il sindaco aveva legato il suo futuro soprattutto al cantiere del lungolago.

Non sarà poi stata responsabilità sua, o quantomeno non solo, se poi la strada intrapresa ha dilatato ancora i tempi, ma alla fine chi deve rispondere agli elettori è lui. E comunque è stato il lungolago il peso che ha fatto pendere, nel 2012, la bilancia elettorale dalla parte del centrosinistra. Che fin qui ha certo lasciato qualche traccia (molte delle quali, va detto, in continuità con l’operato dell’amministrazione precedente, vedi alla voce Trevitex ma non solo), senza però, in apparenza, far avvertire ai comaschi quel cambio di passo conclamato il campagna elettorale e anche dopo. Adesso si tenta la carta Ticosa, una matta che rischia di scombinare ulteriormente i giochi. E allora ritornando alla saga di Fantozzi evocata all’inizio, potrebbe paventarsi il rischio di un “Lucini contro tutti” o addirittura un “Secondo tragico Lucini”. Oppure, chissà, un altro film con il lieto fine.

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