Il sindaco di Pusiano
«Ero scettico,
ho capito cos’è il Covid»

Andrea Maspero al Sant’Anna da dieci giorni e costretto a respirare con il casco. «Pensavo che i media esagerassero, invece è un’esperienza devastante. Non scorderò mai quest’incubo»

Ha tolto ieri il casco per l’ossigeno e, dice, ora vede la vita con un’ottica diversa dopo avere buttato alle spalle dieci giorni da incubo. Andrea Maspero, 57 anni sindaco di Pusiano, non era certo da annoverare tra la schiera dei “negazionisti”. Ma qualche scetticismo, lo confessa, gli aveva attraversato la mente. Scetticismi spazzati via dall’esperienza diretta.

«Sì, l’ho vista brutta, il 2020 è stato l’anno più duro della mia vita – racconta Maspero dalla sua camera all’Ospedale Sant’Anna di San Fermo della Battaglia - È terribile, sono già trascorsi dieci giorni di buio, lontano dai famigliari, dagli amici. Pensavo che i media esagerassero nel raccontare questa pandemia, ammetto di aver fatto qualche errore, di aver pensato che a me non sarebbe capitato. Ora lo dico agli altri: state attenti, è davvero dura, non è uno scherzo. Noi politici dobbiamo imparare ad essere un esempio per i cittadini».

Il sindaco di Pusiano è entrato in ospedale il 9 novembre: «Tutto è cominciato con un po’ di febbre e di inappetenza, alcuni dolori, ma la cosa più preoccupante è che avevo la saturazione attorno all’83% - racconta - Quindi sono entrato in pronto soccorso dove sono rimasto per tre giorni, non pensavo di dover fare tanti sacrifici personali. Quando mi hanno messo il casco con l’ossigeno ho fatto i capricci, perché è davvero difficile accettare la situazione: non si riesce a dormire, a muoversi, fischia, è una grande prova di tolleranza. Solo la determinazione di voler rivedere i miei cari mi ha sostenuto in questo periodo. Sono poi 10 giorni di buio, ti estranei da tutto e da tutti, è un’esperienza che mi ha provato tantissimo, anche dal punto di vista emotivo. E’ stato uno dei momenti più duri della mia vita in uno degli anni più duri, non me lo dimenticherò mai».

A Maspero il casco è stato tolto ieri: «Negli ultimi giorni il casco con l’ossigeno me lo mettevano solo la sera, ora non dovrei più indossarlo, è la fine di un incubo. La situazione è in miglioramento, non ho idea di quando potrò tornare a casa e non vedo l’ora, ma sono contento di vedere la luce in fondo al tunnel. È un virus subdolo, ti prende senza che te ne accorgi, alle spalle».

Qualche ringraziamento è dovuto, da parte del sindaco: «Un grazie va a tutti, ai medici e agli infermieri del Sant’Anna da cui all’inizio mi sono fatto detestare perché non capivo, alla mia adorata famiglia, ai miei concittadini, ai miei consiglieri comunali, ai miei colleghi di tutti i colori politici, ai sindaci del mio territorio e non solo, ai meravigliosi clienti del mio studio che mi hanno dato dimostrazione d’affetto».

E ancora: «Un grazie al collega e amico Emanuele Cappelletti sindaco di Capiago, compagno di sventura con cui mi sono messaggiato e con cui ho condiviso questi giorni, sostenendoci a vicenda. Un grande grazie a Michele Ramella, medico e consigliere a Cantù, e alla sua compagna Manuela che mi hanno tenuto aggrappato alla vita. Un grazie al presidente della Provincia di Como Fiorenzo Bongiasca per la sua lettera, per niente scontata».

«Ora non vedo l’ora di tornare a casa dalla mia famiglia, mi manca da troppo tempo e di mettermi alle spalle questo 2020». (Giovanni Cristiani)

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