Prendo lo spunto dalla risposta apparsa il 2 dicembre scorso per precisare che il referendum svizzero non era sulla costruzione di nuove moschee ma sull'edificazione di nuovi minareti che cambierebbero il profilo del paesaggio svizzero. Pertanto non riguarda la libertà di culto, le cui regole rimangono invariate: nuove moschee potranno essere edificate in terra elvetica, soltanto senza il minareto. Magari potessero i cattolici, nei paesi islamici, professare apertamente la loro fede e costruire nuovi edifici di culto, ancorchè senza campanile. Tutto questo clamore viene sollevato ad arte da, chi politico o no, vuole forzare un'interpretazione che va oltre la lettera del referendum. E comunque i nostri rappresentanti in Parlamento, in quanto tali, debbono rispecchiare la volontà di chi li ha eletti, altrimenti abbiano il pudore di dimettersi, se non sono d'accordo. Pancia o non pancia.
Alberto Albonico
Difatti si è argomentato, in questa sede, di minareti e non di moschee. Proprio per amore di precisazione va detto che i minareti sorgono vicino alle moschee e ne sono un complemento fondamentale. Il muezzin, più volte al giorno, intona dagli uni l'appello alla preghiera che si terrà nelle altre. Se s'impedisce la costruzione dei minareti, si vieta il levarsi della voce che chiama a raccolta i fedeli. Di conseguenza si ostacola l'esercizio della libertà religiosa e non solo (non tanto) quello dell'autonomia urbanistica. La parola minareto discende dal termine turco “minaré” che affonda le radici nell'arabo “manara”. E “manara” vuol dire faro. Se il minareto è considerato dai praticanti della religione musulmana un faro, e se si decide di non lasciare che questo faro s'accenda, come si può pensare di spegnere la tensione che circola in Occidente tra nativi e immigrati, tra cristiani e devoti d'altri culti? Fare uso della tolleranza non è mai sbagliato: implica un rispetto verso gli altri che promuove la reciprocità. Proprio la Chiesa cattolica sollecita a un tale atteggiamento. Quanto al referendum, l'Italia non è oggi nella condizione di replicare ciò che fa la Svizzera poiché il suo ordinamento prevede consultazioni abrogative e non propositive. Ma se anche le prevedesse, il problema da porsi non sarebbe d'imporre agli eletti la volontà degli elettori, dato che i primi sono scelti dai partiti e non dai cittadini in virtù della legge elettorale definita “porcata” perfino dai suoi ideatori; il problema sarebbe se conviene o no rimettere in discussione principi costituzionali come libertà ed eguaglianza. Non erano, e non sono, indiscutibili?
Max Lodi
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