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Venerdì 30 Gennaio 2009
«Il Politeama diventerà
la Scala dell’operetta»
Il nuovo direttore del Conservatorio rilancia il progetto di recupero dell’ex teatro. «Ampliamo l’offerta, in sintonia con il Sociale. Non lo si trasformi in hotel»
Alla guida da qualche mese del Conservatorio di Como, Bruno Raffaele Foti non nasconde l’entusiasmo e l’ambizione di costruire per il suo istituto, sulle solide basi che ha trovato, un futuro di prestigio e di crescente integrazione con la città.
Fra i dossier che il suo predecessore le ha lasciato sulla scrivania ce n’è uno che riguarda il progetto di recupero del teatro Politeama e la sua acquisizione alle attività del Conservatorio. Lei cosa ne pensa?
Le linee programmatiche della gestione precedente sono su questo punto da me perfettamente condivise. Non solo, prevedo sviluppi interessanti. Il disegno va avanti e va avanti secondo una nuova progettazione, che vuole far sì che il Politeama diventi il luogo dello sviluppo produttivo, e contemporaneamente dello studio, per operetta rivista e musical. Cioè tre settori di attività musicale che in Italia sono assolutamente scomparsi, se non si considera il musical, che per i giovani ha un’attrattiva molto forte (e comunque non ci sono tanti teatri che producono musical). Soprattutto l’operetta avrebbe grandi possibilità, anche in riferimento all’opera di Virgilio Ranzato, e legata a una professionalità nuova che ci consentirebbe di tranquillizzare quelle componenti cittadine che magari vedono in una struttura teatrale qualcosa di astratto e di non sufficientemente attrattivo per il turismo e il commercio, là dove invece il recupero di un patrimonio di questo tipo significherebbe anche una grande attrattiva per Como.
In percentuale, quanti benefici per il Conservatorio e quanti per la città?
Potremmo dire cinquanta e cinquanta, ma se fosse possibile, vorrei dire cento e cento.
Lei è ovviamente in contatto con il Comune. Che impressione ha avuto sulla concreta possibilità di realizzare il progetto?
Mi sembra di capire che ci sia una disponibilità di massima assolutamente favorevole a far sì che il Conservatorio sia partner privilegiato, se non esclusivo, per quanto riguarda la gestione. Immagino che la diffidenza o comunque le difficoltà che si incontrano nel sostenere un progetto così ambizioso siano legate all’interrogativo su come potrà essere in grado il Conservatorio di far fronte alla manutenzione, al controllo…
E come conta di esserlo?
Naturalmente trovando delle partnership che siano al di sopra delle possibilità del Conservatorio stesso. E’ allo studio un progetto molto complesso, ma molto sostenibile. Ci sono stati contatti ad esempio con enti televisivi, alla ricerca di una formula che consenta di interagire fra la realtà del teatro e quello che riguarda il pubblico esterno un po’ come i grandi media fanno con le attività della Scala.
Addirittura?
Se noi potessimo dire che a Como creeremo la Scala dell’operetta…
E il Conservatorio che ruolo avrebbe?
Conservatorio vuol dire creare anche delle professionalità funzionali a qualcosa di specifico. Oggi pensiamo a quanto è difficile sentire anche orchestrine da intrattenimento dal vivo, perché ormai naturalmente la tecnologia del suono fa sì che un tastierista o un finto tastierista e un cantante o un finto cantante riescano anche loro a intrattenere… Ogni volta che c’è la possibilità di tornare a quelle atmosfere da café chantant in cui l’orchestrina suona dal vivo sembra di essere su un altro pianeta. Ecco, pensiamo a quanto lo spettacolo dell’operetta vissuto i n prima persona dallo spettatore possa essere carico di fascino.
Sì, ma ci sono aspetti concreti da affrontare. Chi ci mette i soldi?
Noi ci auguriamo che all’interno del territorio le possibili cordate siano sollecitate dal progetto, un progetto a favore della città che deve essere capace di muovere le corde della sensibilità di tutti.
E’ possibile ipotizzare un finanziamento anche del Ministero?
In questo momento io non posso spendere concretamente un impegno preciso, quantificato. Penso naturalmente che un patrimonio anche storico come il teatro Politeama possa essere d’interesse assoluto per lo spettacolo sotto il profilo artistico e culturale. Non dimentichiamo che stiamo parlando di un’architettura molto particolare degli Anni Venti, ormai sempre più rara.
Lei sa che circolano altre due ipotesi sul futuro del Politeama: la prima acquisizione da parte del Teatro Sociale, la seconda la realizzazione di un albergo. Cosa ne pensa?
Bisognerebbe affrontare il problema in termini di armonizzazione degli interessi piuttosto che di scontro. Il Teatro Sociale è un ente prestigioso, autorevolissimo, con il quale esiste una collaborazione pienamente condivisa, che io intendo rafforzare. Per quanto riguarda la soluzione alberghiera, mi chiedo: ma quanti alberghi si possono costruire laddove si crei un’attrattiva di carattere internazionale come quella che noi immaginiamo?
Il Conservatorio ha una spinta propulsiva tale da supportare un’iniziativa di questo tipo?
Al maestro Bassetto, che mi ha preceduto, va il merito di un nome del Conservatorio di Como che è per certi aspetti un riferimento nazionale e internazionale. Nel divenire immediato e nel lungo periodo, rappresenta su alcuni versanti - ad esempio per lo sviluppo dello studio sulle tecnologie del suono - una potenzialità eccezionale. Io penso a corsi finalizzati a una professionalità che non è quella generica per suonare ben uno strumento o l’altro, ma finalizzati alla realizzazione di spettacoli che non si fanno più… Non è un’ambizione rivolta a un target di nostalgici. Siamo circondati dalle musiche del passato e un mio maestro diceva che non esiste musica leggera o musica pesante, ma musica bella e musica brutta.
Lei crede a una formula vincente?
Occorre puntare su una produzione artistica teatrale, di teatro musicale, di altissimo livello e a quel punto non esistono più diaframmi. Il musical è un’attrattiva molto condivisa e le altre due forme di spettacolo, la rivista e l’operetta, sono due espressioni nobilissime d’arte "minore", non sempre sufficientemente considerate, che conservano tuttavia un fascino eccezionale.
Antonio Marino
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