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Lunedì 06 Giugno 2022
Ilaria Marelli e il design
Leggerezza sostenibile
L’architetto comasco protagonista oggi del Fuorisalone con un’innovativa parete imbottita, riflette sul tema del Salone del Mobile nel nostro inserto
Architetto e designer, Ilaria Marelli, con laboratorio in via Mentana a Como, si occupa di progettazione e collabora con aziende internazionali, come Ethimo, Cappellini, Nemo, Fiam, Zanotta e altre per la creazione di prodotti e collezioni. Dal 2002 al 2018 ha insegnato Design per l’innovazione al Politecnico di Milano, dal 2021 è docente di Design alla Naba di Milano. Oggi, vigilia del Salone del Mobile.Milano e della Design Week / Fuorisalone, Marelli era al Circolo Filologico di via Clerici a Milano, per l’installazione di Assopiuma, dove ha creato un’oasi di comfort nella frenesia quotidiana attraverso pareti imbottite.
La leggerezza e la morbidezza dei materiali producono un’esperienza sensoriale che esprime i valori dei prodotti certificati dall’associazione.
Salone del mobile Ilaria Marelli.
Sulle pagine del quotidiano, oggi è stato pubblicato un articolo dell’architetto Ilaria Marelli sul “disassembling”, parola chiave nel dibattito sulla sostenibilità degli arredi, e non solo. Lo riproponiamo di seguito.
I materiali e il “disassembling”: come sta cambiando il design
Ilaria Marelli
Trovo interessante partire con alcuni dati presi da due recenti ricerche di Fondazione Symbola. L’Italia, grazie al numero di brevetti ambientali depositati, basse emissioni di CO2 e rigorose politiche ambientali risulta al 2° posto nel mondo nel Green Complexity Index,
Progettare un prodotto per essere scomponibile a fine vita nei singoli materiali da afferire poi alla filiera relativa di riciclo - rigenerazione, un tema senz’altro caldo per il settore degli imbottiti...
L’indice che misura la capacità di esportare prodotti green tecnologicamente avanzati.
Made in Italy virtuoso
Tra i settori che trainano la domanda di servizi di design sostenibile a primeggiare c’è il settore arredo (69%), seguito dall’automotive (56%). L’industria italiana del legno arredo è prima in Europa in economia circolare: il 93% dei pannelli truciolari prodotti in Italia è fatto di legno riciclato. Questi dati raccontano di un primato e della serietà dell’impegno del design italiano nel campo di una rivoluzione sostenibile: un impegno che non influenza solo l’economia italiana, ma di riflesso anche quella mondiale che da sempre guarda al Made in Italy come un modello da replicare.
Se da questi dati macro passiamo alla quotidianità del lavoro di designer, posso testimoniare come in due decenni ci sia stata una vera rivoluzione nel settore: ormai più di 20 anni fa mi sono laureata con Ezio Manzini, uno dei maggiori studiosi mondiali di design per la sostenibilità, e ancora ricordo quando provavo a portare alcune di queste tematiche progettuali nelle aziende del nostro settore: spesso venivo vista come “troppo alternativa”. Negli anni della crisi del 2008-2009, il tema eco – sostenibile è diventato di moda, per essere sinceri talvolta più come operazione di comunicazione, ma in ogni caso questo parlarne diffusamente è servito a spingere le aziende a lavorare su processi di produzione più green, su nuovi materiali e tecnologie così da trovarsi pronte all’accelerazione che abbiamo avuto negli ultimi anni.
Ridurre l’impatto di una produzione del 30-40-50%, come rendere il filato di polipropilene biodegradabile in pochi anni invece che in 300 anni, significa un deciso passo verso la sostenibilità...
Infatti molte delle nostre realtà produttive hanno investito già da anni in impianti fotovoltaici di produzione di energia, in sistemi di incollaggio e verniciatura meno impattanti, in impianti di depurazione delle acque, tutti aspetti purtroppo non riconoscibili nel prodotto finale. Servirebbe una sorta di “carta d’identità d’impatto ambientale del prodotto” a livello internazionale che sia intellegibile da parte dell’utente finale- sempre più attento alle tematiche ambientali - per poter comparare due prodotti in apparenza simili. Esistono varie forme di certificazione – ma più per addetti ai lavori – mentre al momento il consumatore finale non ha idea di cosa significhi Ecolabel, FSC per il legno piuttosto che GRS per i tessuti e così via. Tornando invece agli aspetti progettuali – alcune buone pratiche sono ormai diventate di patrimonio comune per progettisti e aziende: nessuna di queste risolve il problema drasticamente – anche perché è pur sempre vero che «abbiamo davvero bisogno di un’altra sedia?» però - senza essere manichei - il ridurre l’impatto di una produzione del 30-40-50%, come rendere il filato di polipropilene biodegradabile in pochi anni invece che in 300 anni, significa un deciso passo verso la sostenibilità, e significa anche - come detto - dare un esempio concreto ai paesi follower del nostro sistema design.
Posso testimoniare la presenza nel dibattito del design di temi condivisi su cui si sta lavorando: il design for disassembling, ovvero progettare un prodotto per essere scomponibile a fine vita nei singoli materiali da afferire poi alla filiera relativa di riciclo - rigenerazione, un tema senz’altro caldo per il settore degli imbottiti, dove l’incollaggio tra struttura, imbottitura e spesso anche rivestimento rappresenta ancora lo standard produttivo
E ancora minimizzare l’uso di materiale, privilegiando materiali riciclati e riciclabili, ridurre il packaging e i volumi di trasporto, lavorare sulla durabilità di prodotto, e non da ultimo temi più strategici quali: la creazione di filiere corte di produzione, il sostituire il consumo di prodotto con quote di servizio e la presa in carico del prodotto a fine vita da parte del produttore, sono scenari sui quali le nostre imprese stanno investendo quotidianamente.
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