Fagocitato dal ‘Giorno della Memoria' (27 gennaio), chi si è accorto di san Paolo apostolo? Convertitosi, 30enne, sulla via di Damasco, un lontano 25 gennaio (42 dC), e in tale giorno con un posto fisso in calendario, a noi piace accorgercene, e ricordare codesto ‘uragano di passione, di volontà, e di idee', che ha diffuso la parola di Cristo, fino al martirio (decapitato, a Roma, il 29 giugno 67). Protettore dei cordai e dei cestai (Paolo faceva il tessitore di tende), propongo di farlo anche protettore degli industriali, mica di tutti, solo di quelli liberisti sfrenati, che ogni tanto, convertono, invece che se stessi, le loro aziende, inguaiando gli operai. E mentre vanno apprezzati per il loro attivo spirito di libera iniziativa, di smithiana memoria, si spera, non dico che facciano la fine di san Paolo, ma che si facciano fulminare pure loro sulla via di qualche Damasco, e di non buttare a mare quegli stessi lavoratori che hanno contribuito a costruire le loro fortune e il loro potere. Sono, o non sono, gli operai, come da parole papali ai Giovani Imprenditori di Confindustria, «il patrimonio più prezioso dell'azienda?».
Gianfranco Mortoni
In molti provano a essere un «uragano di passione, di volontà, di idee» come lo fu San Paolo, in pochi vi riescono. Tra questi figura un buon numero d'imprenditori. Aguzzano l'ingegno, rischiano in proprio, guardano avanti, si caricano la responsabilità di decine, centinaia, a volte migliaia di lavoratori. Se hanno visto giusto, gli assicurano una vita occupazionale senza patemi. Magari la retribuzione non sarà alta come la si vorrebbe, però viene mensilmente garantita. I più lungimiranti avviano iniziative sul fronte sociale, si preoccupano di sostenere i dipendenti nella quotidianità al di fuori dell'azienda, li considerano – proprio come ha ribadito di recente il Papa - il patrimonio più prezioso su cui contare. Le cose vanno così in parecchie realtà industriali, e dimenticarlo non è una distrazione: è una provocazione. Poi ovviamente c'è il rovescio della medaglia, ci sono gl'imprenditori che speculano e s'approfittano senza ritegno etico: meriterebbero, siamo d'accordo, d'essere fulminati nel loro personale itinerario verso un cinico arricchimento. Ma non sono la maggioranza. Molti titolari di piccole imprese investite dalla crisi si sono personalmente indebitati pur di salvaguardare gli stipendi dei sottoposti: potevano chiudere bottega e andarsene, hanno preferito rimanere e aprire la borsa della solidarietà. Bisogna pure che ogni tanto si abbia memoria (riconoscente) anche di loro.
Max Lodi
© RIPRODUZIONE RISERVATA