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Giovedì 28 Giugno 2012
In volo nel Novecento
Gli inediti di Bucci
''In volo'' è un'opera esposta alla Biennale di Venezia del 1920 e poi pressoché sparita. Ma non è il solo raro lavoro di Anselmo Bucci a tornare in mostra in questi giorni a Fano, dalle parti di Fossombrone dove l'artista adottivo di Monza era nato. Per raccontare lui e il gruppo Novecento. Complice Montrasio arte.
Eccolo lì, nel 1954, a ricordare il suo “In volo”, una tela presentata alla Biennale di Venezia e subito venduta con quel tanto di anomalo, innovativo e sorprendente che ancora oggi incanta l'osservatore. Peccato che poi “In volo” sia scomparso per decenni e solo ora a Fano, venga restituito agli occhi. Il merito è della galleria Montrasio di Monza, Alberto e Ruggero Montrasio e Daniele Astrologo Abadal soprattutto, che hanno perlustrato collezioni private e documenti sconosciuti per produrre una mostra (“Anselmo Bucci e gli amici di Novecento”) che la galleria Carifano presenta a Palazzo Corbelli fino al 30 settembre, grazie al sostegno della fondazione Gruppo Credito Valtellinese. Fano, le Marche, già, la terra natale di Anselmo Bucci, nato a Fossombrone nel 1887 prima che Monza lo adottasse come il figlio artista che non aveva più.
È lì che viene aperta oggi un'ampia retrospettiva fatta di tanti documenti in grado di restituire testo e contesto e, a Bucci, il calibro che gli spetta nella cultura artistica almeno dagli anni Venti in poi, troppo a lungo mitigata dai fraintendimenti del suo ruolo nell'esigenza di un “realismo” italiano coevo all'avvento del Fascismo (e al figurativo ricodificato come immagine simbolo di un imperativo d'ordine che si era già, drammaticamente, espresso in forma politica). Insofferente di fronte a qualsiasi reale inquadramento movimentistico, pure Bucci aveva accompagnato la nascita del gruppo Novecento (Dudreville e Marussig, Oppi e Sironi, Martini e Mazzolani, Wildt tra i tanti) smarcandosi presto dalle appartenenze di genere. La riabilitazione postuma è quanto successo al futurismo in tempi recenti, riammesso alla platea in tutta la sua ricchezza senza condizionamenti ideologici: lo stesso affrancamento che merita Bucci e che la mostra marchigiana gli riconosce (e chissà mai, a trovare le risorse, sarà un giorno anche a Monza, ma questo è compito e forse dovere della nuova amministrazione comunale).
È almeno quel “Volo” del 1920 a dire tutto - opera che comunque sarà a Monza a ottobre. Bucci aveva già visto Parigi e allora, a quei tempi, voleva dire aver visto tutto. Intanto il futurismo, perché là erano andati anche Marinetti e gli altri, che sotto la tour Eiffel tutto accadeva. Poi le tavolozze fauve attorno a Matisse, il cubismo per mano di Picasso e Braque, i primi sintomi del surrealismo che di lì a poco sarebbe divampato e i precordi del Dada che non avrebbe tardato a farsi sentire (la “Fontana” è del 1917). Eppure lui, Bucci, sceglie un'altra strada. E quel tanto di mondo che gli finisce sulla tela lo rappresenta nel “Volo”, che è uno paesaggio radente e un po' sghembo proprio perché è il volo aereo a determinarne la prospettiva. «C'è un po' di divisionismo ma non è divisionista, c'è un po' di futurismo ma non è futurista, è un quadro grande e sorprendente, che toglie il fiato» racconta Ruggero Montrasio.
E allora di nuovo: eccolo lì, Bucci, che può essere tutto ma alla fine è anselmobucci, che non cede agli altri quello che ha deciso essere sé. E che si racconta nei tanti documenti che la mostra raccoglie, come un biglietto da Wildt in cui quest'ultimo gli chiede di andare a guardare un suo lavoro per averne un'opinione, o nei libri con dedica di Marinetti, oppure nelle carte della sua vasta produzione (che abbraccia anche articoli per il Corriere della Sera) in cui si aprono i tanti volti dell'artista monzese d'adozione. Ma non era carattere, il suo, per giocare ai compromessi.
«Al grande insuccesso tutti resistono, sovrumano è resistere al piccolo insuccesso » scriveva in una riga ricordata dalla mostra. E lui allora preferiva così, risolverla diversamente. Come quando vincitore nel 1929 del primo premio Viareggio per “Il pittore volante”, ex aequo con Lorenzo Viani, che aveva scritto “Ritorno alla patria” (in giuria Luigi Pirandello e Massimo Bontempelli), riceve una copia del suo covincitore con dedica. Nell'inchiostro un augurio, un saluto e la ricetta del cacciucco. Con buona pace del geloso Gola.
Massimiliano Rossin
m.rossin(at)ilcittadinomb.it
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