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Mercoledì 28 Gennaio 2009
«Io deportato penso a chi non c’è più»
Ieri la Giornata della Memoria: medaglie d’onore agli internati della provincia di Como costretti al lavoro coatto nei lager nazisti
Ben 59 le domande accettate dal ministero a Roma e i destinatari sono stati invitati ieri nella sala consigliare, per la cerimonia, alla presenza del prefetto Sante Frantellizzi, delle massime autorità e di Giuseppe Calzati, presidente dell’istituto di storia contemporanea Pier Amato Perretta. Salone gremito, tra sindaci dei comuni della provincia, accompagnatori e poi loro, i deportati, depositari delle testimonianze di internati raccolte nel sito www.schiavidihitler.it e nell’omonima mostra allestita in questi giorni in biblioteca.
Solo soletto, in un angolo, sedeva Paolo Celeste Rimoldi, classe 1922, di Veniano. Ecco la sua storia: «La mia era una famiglia povera, di contadini, e a 13 anni sono andato a fare l’operaio in una fabbrica di calzature a Cirimido. Nel ’42 sono stato chiamato alle armi, destinazione Pavia e poi la Grecia, dove facevo il radiotelegrafista al comando superiore delle Forze armate. L’8 settembre ’43 i tedeschi mi hanno prelevato da Atene, insieme a tanti altri soldati, ci hanno caricato su una carrozza bestiame e ci hanno scaricato a Hiserloum se non ricordo male, per poi assegnarci alle miniere di carbone di Essen. Qui ho lavorato sotto terra per sei mesi e poi mi sono ammalato e sono stato ricoverato all’ospedale di Fullen dove sono rimasto per altri 14 mesi. Poi, il 6 aprile del ’45 la liberazione da parte dell’armata canadese e l’8 settembre il rientro a Como».
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