Homepage
Sabato 21 Gennaio 2012
La città che brucia
di Graham Sutherland
Due mesi dopo la mostra alla Permanente di Milano arrivano a Monza, alla galleria Montrasio arte, i lavori realizzati da Graham Sutherland dal 1940 al 1945: i disegni realizzati su incarico del governo britannico per raccontare Londra e il Galles durante gli anni dei bombardamenti. Fino alla fine di gennaio.
Se Guernica di Picasso è nell'immaginario comune tanto e più di molte fotografie di guerra è perché racconta, tanto e più di una pellicola, che cosa davvero significhi un bombardamento: non soltanto cosa accade, soprattutto cosa se ne prova. L'orrore, l'orrore, l'orrore - diceva il colonnello Kurtz in Cuore di tenebra, o se preferite in Apocalyspe now.
Quando nel 1940 Graham Sutherland accetta dalla National gallery di Londra di raccontare le bombe sulla capitale britannica e nel Galles forse non sa cosa lo aspetta, ma saprà poi cosa farne, di quello che vedeva. Era stato Kenneth Clark, direttore dell'istituzione londinese, a decidere di rifare quello che era già stato pensato per la prima guerra mondiale: affidare ad alcuni autori il compito di diventare “artisti di guerra” perché descrivessero quello che si apriva davanti a loro. Non a Parigi, non a Roma, non altrove: a Londra, e forse non a caso, in un mondo dove l'idea della guerra era non solo conquistarsi mercati e gloria ma anche, probabilmente, scrivere una nuova pagina della Storia della corona.
Sutherland ed Henry Moore - decise Clark - dal 1940 al ‘45, due nomi che poi avrebbero detto molto della storia dell'arte anglosassone nei decenni successivi. Il lavoro dell'artista inglese sono decine e decine di fogli di schizzi in parte diventati tele che lo scorso novembre sono stati esposti alla Permanente di Milano (“Disegni dalla città in fiamme”, chiusa l'8 gennaio, catalogo Skira) e oggi sono una mostra alla galleria Montrasio arte di via Carlo Alberto 48 (fino alla fine del mese, da martedì a sabato). E allora: come Francisco Goya aveva raccontato i “Disastri della guerra” e come Grosz aveva descritto prima la discesa agli inferi del nazismo e poi i precordi dei suoi deliri, il tratto grottesco ed esasperato passa nelle mani dell'inglese per fotografare le emozioni di una città che brucia e la vita devastata dalle fiamme, nel reticolo delle strade londinesi e nelle miniere gallesi.
Nero e grigio, come si immagina Londra da Dickens in poi, e poi un giallo livido che dovrebbe scaldare e invece agghiaccia per brutalizzare la scena: questa è la guerra di Sutherland, che sopra molti schizzi scrive semplicemente “Devastation”. «Il difficile sta nel conservare le sensazioni del primo incontro - nel rendersi conto che si deve mantenere la freschezza dell'istinto - di capire forse che cio? che si e? visto in un dato momento potra?, in qualche modo, pensando e sentendo, provando e riprovando, diventare un'opera d'arte»: così scriverà poi Sutherland nel 1972 a proposito della sua opera, e tanto serve per leggere le sue immagini da Londra che brucia, che per l'autore erano soprattutto una sinfonia di silenzi - Debussy, gli venne in mente, per mettere alle orecchie quello che guardava con gli occhi.
«A poco a poco mi resi conto - dirà poi - in mezzo a quel silenzio, della strana maniera in cui una forma si trasformava in un'altra. L'intelaiatura di un ascensore, ad esempio - tutto cio? che era rimasto in una casa che si indovinava esser stata di dimensioni imponenti - assomigliava, nella posizione assunta dopo il crollo, ad un animale. Le forme non erano quelle di un animale, ma la posa certamente era animalesca». Di come feroce, e ferina, non può che essere la guerra.
Massimiliano Rossin
© RIPRODUZIONE RISERVATA