Quanti turisti c’erano lunedì a Como? Di preciso nessuno lo può dire, qualcuno ha stimato la presenza di 50mila persone tra il lungolago e il centro ma si tratta di un conto che potrebbe essere perfino al ribasso.
Di certo non ci si muoveva, soprattutto in auto. Ciò che è accaduto ha messo in luce due cose. Primo, la nostra città ha potenzialità straordinarie sul fronte del turismo. Secondo, non siamo attrezzati a gestire al meglio movimenti di folla così importanti. Quest’ultima circostanza, in altre occasioni, avrebbe avuto relativa importanza. Non alla vigilia di Expo perché pasquetta è stata una sorta di test generale e c’è la possibilità concreta che nei prossimi sette mesi assisteremo spesso a giornate del genere.
Pensabile attraversare questo periodo senza far nulla? Ovviamente no. Certo, il sindaco Lucini ha ragione quando evidenzia che non si può pretendere di fare dall’oggi al domani ciò che non è stato fatto nei precedenti cinquant’anni come i grandi autosili a ridosso del centro. Ma è allo stesso poco ragionevole rassegnarsi e subire i disagi dei prossimi mesi anziché attrezzarsi per fare in modo di cogliere tutte le opportunità legate a un evento come l’esposizione universale. Si è detto tante volte: è una grande chance per Como, un momento chiave per l’identità stessa di una città che sta trasformandosi diventando qualcosa di altro rispetto anche solo a quel che era agli occhi dei nostri genitori.
Il tema è prioritario almeno quanto i grandi cantieri fermi come quello del lungolago e i nodi irrisolti da sempre come l’ex Ticosa. E va affrontato come tale, uscendo cioè dalla logica del giorno per giorno.
Prima questione, l’accessibilità del centro. I visitatori di Como, anche quelli che vengono solo per far due passi e vedere il lago, hanno l’esigenza di arrivare in centro rapidamente e con comodità. Va consentito loro di farlo con la propria auto? Forse no, ma se è così occorre drenare il traffico nelle aree periferiche e poi organizzare collegamenti rapidi con il cuore della città attraverso i mezzi pubblici. Oppure, perché no, rivalutare anche qui soluzioni drastiche come l’istituzione di un ticket come è stato fatto a Milano. Tanti sono i possibili interventi, di certo non si può ignorare la questione lasciando che le cose si determinino da sé. Fare così significa consegnare la convalle al caos dell’altro giorno trasformando una grande occasione in una vera e propria iattura per i residenti (via via comincerebbero a fare le valigie ogni fine settimana) e per i turisti stessi, disponibili forse a chiudere un occhio di fronte al lungolago sottosopra e ai tanti cantieri aperti ma non all’ora di coda per raggiungere il centro dall’uscita dell’autostrada. Altra questione, i servizi e l’accoglienza. Anche su questo fronte Como è indietro. Non c’è un biglietto integrato che agevoli lo spostamento con il trasporto pubblico, non c’è una promozione adeguata di ciò che abbiamo (e non è poco nemmeno al confronto di città più blasonate) e di ciò che Como propone ai visitatori. Eppure lo dimostra il riscontro registrato anche lo scorso week end da pinacoteca e musei, la cultura non è cosa per quattro gatti. Al contrario può diventare motore che alimenta, con altri fattori, l’economia locale. Non c’è tempo da perdere.
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