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Lunedì 29 Aprile 2013
La confessione di Preiti
«Volevo colpire i politici»
«Sono un uomo che non ha più nulla da perde. Volevo uccidermi, suicidarmi», ha confessato ai magistrati - ma avevo sparato tutti i colpi contro i carabinieri e per me non ne erano rimasti più»
Parole gelide e taglienti quelle che Luigi Preiti ha consegnato al procuratore aggiunto di Roma Pierfilippo Laviani e al pm Antonella Nespola. Più che una confessione, un testamento «di un uomo che non ha più nulla da perdere».
Nell'interrogatorio il 49enne, che ha seminato panico e sangue davanti ad uno dei simboli inviolabili della nostra Repubblica, non cerca affatto di difendersi. Ammette tutto senza reticenze.
«Ho pianificato ogni cosa venti giorni fa», ha raccontato ai due magistrati romani. «Ho studiato tutto a tavolino. Volevo fare un gesto eclatante in un giorno importante. La pistola l'avevo già comprata quattro anni fa al mercato nero ad Alessandria. Tutto era previsto, tutto». Nulla, nel piano di Preiti, era lasciato al caso. Nulla era affidato alla follia.
L'epilogo però non è stato quello da lui architettato.
«Volevo uccidermi, suicidarmi», ha confessato ai magistrati - ma avevo sparato tutti i colpi contro i carabinieri e per me non ne erano rimasti più». Dunque solo la fine è andata storta nel suo piano. Il resto è filato tutto liscio.
I carabinieri, ha ammesso senza tradire pentimento, sono un obiettivo di ripiego «Io volevo colpire i politici - ha detto senza mezzi termini - ma sapevo che non avrei mai e poi mai potuto raggiungerli. Allora ho pensato al palazzo, a chi ci sta davanti».
Così è venuto a Roma, ha scelto un anonimo hotel della stazione Termini, forse ha indossato il vestito più elegante che aveva per sembrare un uomo distinto. Del resto nei piani di Preiti ieri doveva essere anche l'ultimo giorno della sua vita.
«Non ce l'ho con nessuno - ha ripetuto ai pm - io non odio nessuno. Ho solo la disperazione di un lavoro perso, la separazione, essere a carico dei propri genitori a questa età. La disperazione di non potere provvedere a mia figlia».
Una confessione fredda, lucida, senza pentimenti. Una confessione che a tratti suona come un'accusa tagliente «perché - ha ripetuto ai magistrati e a se stesso - sono un uomo che non ha più nulla da perdere».
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