La cultura e il coraggio
di disegnare il futuro

Un’estate di cultura, e di quella imponente, può suonare come una sfida. E lo è, perché si associa tradizionalmente la bella stagione al disimpegno o alla leggerezza.

La scelta di Como di giocare le sue carte in maniera ancora più massiccia proprio durante le settimane estive, rivela un coraggio che fa ben sperare. Un coraggio necessario per vincere più di una partita e in fondo una sola: quella del nostro futuro.

Non è solo questione - pur importante - di offrire una città coinvolgente ai suoi abitanti. Si tratta di rafforzare un’identità già presente, ma a volte in sordina, nel territorio che giustamente va fiero della sua vocazione imprenditoriale. Vocazione ancora solida e si possono rivolgere solenni sberleffi ai profeti di sventura che annunciavano eventi certi come la morte del tessile, per fare un esempio.

Tuttavia la cultura ha sempre fatto parte della storia comasca, ora indietro di un passo per non dare nell’occhio, ora non nascondendo l’orgoglio. Parla chiaro, del resto, la candidatura a capitale italiana in questo campo.

Parolario che apre le danze. La mostra “Com’è viva la città” che la segue e offrirà un viaggio affascinante nell’arte. Sono due punti fermi, che raccontano la voglia di movimento di Como.

Ci vuole coraggio, perché non è una strada facile. Può essere premiata o il riconoscimento può richiedere tempo. È vero che i turisti sul lago potrebbero anche cercare altro e che a volte il piccolo evento è in grado di catturare l’attenzione in maniera analoga, se non superiore.

Eppure bisogna osare, perché la cultura richiede pazienza e la volontà di seminare. Tracciando con crescente forza e con costanza l’identità di una città, si riescono a ottenere i migliori risultati. E questi ultimi significano anche incassi, sotto ogni profilo. Ingressi a una rassegna artistica, soggiorni negli hotel, acquisti nei negozi.

Con la cultura si mangia oppure no? Il tormentone che scaturì dall’affermazione (anzi dalla negazione) di Giulio Tremonti è arcinoto. E proprio a Como c’è chi - l’Accademia Galli - ha sposato la campagna che andava a contraddire l’ex ministro nei fatti.

I conti possono tornare, se non si molla mai la presa, se non ci si scoraggia. E ancora, se si evitano le contrapposizioni.

Perché quando si sostiene che la vocazione imprenditoriale lariana è ancora viva e vegeta, ciò non è in contrapposizione con questo percorso culturale che può trarre e ricevere linfa dal turismo. E c’è una voce autorevole che si è levata da tempo: quella di Remo Ruffini. Il patron di Moncler l’ha ribadito: l’economia di Como può, anzi deve procedere con questi differenti motori.

Gli eventi sono preziosi nell’offrire carburante. E anche le realtà che già abbiamo. Come il museo della seta, che cita nell’inchiesta di oggi il presidente degli albergatori Cassani.

Un luogo magico, dove arrivano tanti visitatori, anche stranieri. Se si guarda il registro, si scoprono tanti commenti, in diverse lingue, che raccontano come i turisti vogliano scoprire questa storia fondamentale di Como.

Il passato che conduce al futuro, che in ogni Paese del mondo è celebrato, a volte gridato anche oltre il suo valore.

In Italia, dove ne ha molto, quante volte resta in un angolo. È tempo di unire i tesori che abbiamo e di sfoggiarli come meritano. Con un disegno, che tracci anche il futuro senza paura.

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@Marilena Lualdi

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