Venti milioni di euro per riaprire il Grande Bretagne di Bellagio, quindici per recuperare un altro rudere gigantesco che sovrasta il lago, l’Hotel Milano di Brunate e dodici per fare del Villa Flora di Torno un resort di lusso. Progetti con capitali italiani e stranieri che dopo anni, talvolta decenni di sonno e scartoffie sono ormai in fase di cantiere. Attività che si affiancano ad altre imprese quasi sfrontate, come il Casta Diva che da Blevio prova a fare concorrenza a un gigante dell’accoglienza internazionale di lusso qual è Villa d’Este. E pare proprio che ci sia posto per tutti.
L’industria del turismo è praticamente l’unica della provincia che non licenzia e anzi cresce e si espande. Come l’interesse degli stranieri per un angolo di Italia considerato un angolo di paradiso. Lo scelgono per il viaggio di nozze o addirittura per disperdere le proprie ceneri, come se il lago fosse l’ultima pagina di un libro, di un romanzo.
Come cerca disperatamente di spiegarci George Clooney, che nonostante tutto e tutti gli scocciatori di qui non se ne vuole andare, abbiamo a disposizione un regalo della Creazione e un patrimonio da tutelare. Una grande bellezza che non possiamo permetterci di devastare con il cattivo gusto, la subcultura e la decadenza di un’epoca da Basso Impero. La rinascita è qui, a portata di mano ed è già cominciata. Basta comprenderla e accompagnarla con criterio e organizzazione, fermando gli appetiti sguaiati di chi vuole speculare su panorami e volumi e agevolando un sistema dell’ospitalità che passa dal sorriso sulle labbra alle lingue, alla buona cucina, ai concerti, alla qualità, ai prezzi.
A ripartire non è soltanto il segmento dei cinque stelle, che pure sul lago è presente massicciamente con nomi e impianti di fama planetaria, ma tutta una filiera. Anzi, la buona notizia è proprio che la fascia del lusso prova ad espandersi a centri come Blevio, Torno, Brunate, che avevano perso centralità e vitalità da quasi cent’anni.
Il paese della Funicolare, per esempio, che ospitava le mostre di Boccioni e perfino un casinò, ha attraversato un periodo lungo trent’anni senza praticamente posti-letto. Ora sul sito del Comune, alla voce accoglienza, troverete quattro alberghi e dodici bed & breakfast dove tanti turisti non solo stranieri trascorrono sempre più notti. Arrivano via Internet magari con il rampichino appresso e chiedono soltanto di non essere considerati portafogli ambulanti da svuotare perché tanto sono di passaggio, come troppo spesso è accaduto in passato. Una nuova generazione di operatori, giovani e motivati sembra in grado di raccogliere la sfida. Ora dovrebbe riaprire anche il Grand Hotel.
Ora serve aiutare l’industria nascente con buone scuole alberghiere, come del resto i sindaci più avveduti provano a fare già da qualche anno, e un sistema che organizzi i trasporti, promuova eventi, valorizzi il patrimonio artistico e culturale e punisca i furbi quando serve. Il mercato si è mosso e ha fatto le sue scelte. Meno manifatturiero e più industria dell’accoglienza. Sono posti di lavoro qui e subito, non meno dignitosi di quelli che tanta gente è costretta a cercare oltre confine, fra l’altro concessi con salari sempre più bassi e fastidio crescente.
Nel mondo della ricettività abbiamo imprenditori con capacità ed esperienza che il mondo ci invidia. Chiediamo loro di rimettersi in gioco per guidare la nostra nuova economia.
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