Cara provincia
Lunedì 23 Marzo 2009
La marcia su Roma Una rivoluzione solo inventata
Di rivoluzionario non accadde nulla, com’era del resto - e com’è rimasto - nella tradizione del Paese
Il 23 marzo di novant’anni fa nascevano a Milano i Fasci di combattimento, nucleo originario di quello che sarebbe poi stato il regime del Ventennio. L’iniziativa ebbe caratteristiche rivoluzionarie, che successivamente vennero annacquate o addirittura stravolte, e tuttavia non era così massiccia da non poter essere fermata. Siamo abituati a sentirci dire che il fascismo s’impossessò dell’Italia sottomettendola a una dittatura, però per raggiungere l’obiettivo non dovette rovesciare nessun sistema. O mi sbaglio?
Lorenzo Bianchi
La verità è che i governanti d’allora, e Giolitti più convintamente dei suoi colleghi, fecero uso del nascente fascismo. E in seguito ne vennero usati. I reduci di guerra, gli ex socialisti, i fuorusciti dal sindacalismo rivoluzionario, i repubblicani e il resto della variopinta comitiva che inneggiarono al “Programma di San Sepolcro” propostogli da Mussolini furono ritenuti l’antidoto giusto contro il pericolo del bolscevismo. Agrari e industriali convennero sull’opportunità di finanziare il movimento, che però crebbe più in fretta e di maggiori dimensioni di quanto ci si aspettasse. Il futuro Duce era un animale politico, fiutava i venti prima e meglio di chiunque, e si rivelò abile nel volgere a suo favore le esigenze di chi pensava di far la stessa cosa con lui. È vero che il fascismo arrivò a Roma, nei palazzi del potere, senza dover sovvertire lo Stato. Fu lo Stato a sovvertirsi, se così può dire, da solo. La marcia sulla capitale avvenne per necessità di sceneggiatura (una sceneggiatura che più sgangherata non si sarebbe potuta immaginare) perché l’attore protagonista viaggiò da Milano a Roma in vagone letto: un comodo che si volle concedere, poiché all’arrivo il re lo attendeva per incaricarlo ufficialmente d’insediarsi alla presidenza del Consiglio. Questa legalissima investitura istituzionale venne chiamata rivoluzione in nome della retorica di cui abbisognavano - assieme a un’interminabile serie di simboli - le camicie nere. Ma di rivoluzionario non accadde nulla, com’era del resto - e com’è rimasto - nella tradizione del Paese. E difatti il fascismo non diede vita a una nuova Italia, si limitò a restaurare quella vecchia conferendole un po’ di greche, di prosopopea e d’autoritarismo. Mussolini era benissimo sintonizzato con la psicologia dei più e capì per esempio che offrendo una divisa, un grado, uno zic di potere - sia pure miserello, talvolta - a ciascuno, avrebbe tenuto in pugno tutti. Colse nel segno sino a quando non lo colse la scellerata idea d’entrare in guerra.
Max Lodi
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