Cara provincia
Martedì 10 Febbraio 2009
La marijuana dell’eroe Phelps e degli onorevoli
Difficile stabilire quale delle due sia la mancanza più grave
La Federazione di nuoto degli Stati Uniti ha sospeso per tre mesi il nuotatore 8 volte medaglia d’oro alle Olimpiadi di Pechino, Michael Phelps per le fotografie pubblicate da un tabloid in cui fuma marijuana da una pipa a una festa di studenti. La Federazione, pur ammettendo che non è stata violata nessuna legge sul doping, ha deciso di lanciare un messaggio forte perché Michael ha deluso molte persone, in particolare le centinaia di migliaia di bambini che guardano a lui come un modello e un eroe. La Federazione ha poi tagliato a Phelps qualsiasi supporto finanziario per la durata della squalifica. «Michael ha accettato questo rimprovero e si è impegnato a riguadagnarsi la nostra fiducia», aggiunge il comunicato federale. Nel 2007 le Iene, in una loro trasmissione, dimostrarono con uno stratagemma, pur garantendone l’anonimato, come molti nostri parlamentari risultassero positivi a un test che rilevava l’uso di sostanze stupefacenti. L’indignazione dei nostri (poco) onorevoli fu grande, ma non nel senso di condannare i "colpevoli", bensì nel difendere la loro casta da chi si era permesso di criticare i comportamenti di coloro che, per legge, ci dovrebbero rappresentare e dovrebbero offrire al mondo esterno un’immagine irreprensibile e un modello da seguire.
Alessandro Mauri
Gli sconfitti del caso Phleps sono tanti. Lui per primo, avendo dato pessimo esempio d’atleta, uomo e di idolo: non a caso la punizione più esemplare, nella civiltà in cui tutto si pesa sulla bilancia del consumismo, gliel’ha inflitta la Kellogg’s, togliendogli la sponsorizzazione dei corn flakes. Poi, al secondo posto, la federnuoto americana che l’ha tartufescamente sospeso per tre mesi, non impedendogli d’essere al via dei Trials d’Indianapolis del 7 luglio e dei mondiali di Roma dal 18 dello stesso mese al 2 agosto. In terza posizione stanno alcuni indignati censori dell’estemporaneo pippatore di marijuana, non altrettanto severi - e, anzi, inclini al permissivismo - nei confronti di legioni d’anonimi habitué del medesimo sollazzo. Come se solo un campione sportivo aduso alle canne, e non anche un comune cittadino, impartisse ai giovani una deleteria lezione. Circa quei parlamentari che si sarebbero fatti di droga per “tenersi su”, di stupefacente purtroppo non vi furono solo alcune tracce delle sostanze assorbite, ma nessuna traccia d’un qualsiasi servizio reso dai medesimi al Paese. Quale delle due sia da spacciare come la mancanza più grave, è difficile stabilirlo.
Max Lodi
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