Come nella celebre parabola, anche Como sarà punita se non metterà a frutto i suoi talenti. A sostenerlo, in un’intervista di Marilena Lualdi, che potete leggere a pagina 26, è Paolo De Santis, imprenditore, ex assessore ed ex presidente della Camera di Commercio. Uno che non parla molto e, come tutti quelli che pesano le parole, quando decidono di usarle, spesso colpiscono nel segno.
La disamina di De Santis infatti fotografa bene lo stato dell’arte comasca. Del resto, il personaggio, per la sua storia e la sua attività, rappresenta più di altri quell’ anello di congiunzione tra società civile e ceto politico, il cui rapporto negli ultimi anni, è andato in “corto circuito” per responsabilità soprattutto del secondo soggetto.
Se ai tempi delle giunte di centrodestra guidate da Alberto Botta e della prima targata Stefano Bruni, il feeling bene o male reggeva pur con qualche frizione, i disastri del progetto per il lungolago e il fallimento del piano di recupero dell’ex Ticosa, lo hanno mandato in frantumi.
Tutto questo, com’è noto, ha contribuito in maniera determinante al cambio di colore di parte di una società chedopo aver sempre guardato a sinistra in maniera strabica, ha finito per affidarsi a Lucini e alla sua squadra per mancanza di alternative credibili.
Peraltro, subito dopo l’elezione del nuovo sindaco, qualcuno aveva detto, ribaltando il motto di De Coubertin, che vincere non sarebbe stato sufficiente, bisognava anche partecipare. Cioè darsi da fare per recuperare la cesura con quel blocco sociale deluso dal centrodestra ma ancora non del tutto convinto dai nuovi inquilini di palazzo Cernezzi. Le parole di De Santis, a due anni dal rinnovo dell’amministrazione, testimoniano che c’è ancora della strada da percorrere. Va sottolineato che le osservazioni dell’imprenditore sulla mediocrità, sull’incapacità di progettare l’identità futura della città, sulla difficoltà nel mettere a frutto i talenti naturali e non di cui Como può disporre, andrebbero rivolte all’intera classe dirigente di cui lo stesso ex presidente della Camera di Commercio ha fatto e fa parte. Ma è innegabile come la politica a tutti i livelli, non solo quello cittadino, non abbia fatto ancora abbastanza.
Il ragionamento si stacca anche dal principale sintomo di questa malattia non curata o mal curata, quel cantiere del lungolago dai destini incerti e forse inquietanti. Ma spazia oltre verso la capacità progettuale e lungimirante del management cittadino . Non si può dare del tutto torto a De Santis quando afferma che la pratica Campus (una ferita che gli brucia essendo stato uno dei promotori) sia stata archiviata con noncuranza dopo il primo stop. Anche questo è indubbiamente un indizio di quanto segnalato fin qui. L’auspicio, perlomeno, è che la parole dell’imprenditore servono da stimolo a un dibattito che possa andare nella giusta direzione. E mettere a frutto i talenti di Como.
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