La pianta che cresce
e la fragilità di un inizio

Non è più un fiore solitario, un’esplosione di colori che poi finisce in nulla, peggio di prima.

A metà di questo 2015 su cui si intrecciavano speranze e paure, la congiuntura di Unindustria Como racconta questo: la ripresa è una pianta che sta crescendo con testardaggine e tra mille problemi, noti o più capaci di sfuggire all’attenzione.

E pianta significa un organismo complesso e completo: deve stare bene ogni componente, cercando di condividere quel bene con gli altri. In questa mappa di cifre ancora fragili e dal sapore talvolta contraddittorie, appare proprio questo: che anche le piccole imprese stanno raccogliendo un po’ di linfa vitale. Regalata da nessuno, si insiste, ma frutto di sacrifici e sforzi creativi, in ogni campo.

Una conferma indiretta arriva da un’altra congiuntura, quella di Unioncamere Lombardia. Che rivela anche delle contraddizioni, almeno in apparenza. Qui si osserva il secondo trimestre 2015, che registra segni contrastanti nella stessa industria. E d’altro canto l’artigianato che ha patito più dei grandi, si porta a casa qualche elemento di speranza.

Realtà provinciali confinanti, e con dati così differenti, perché ciascun territorio ha le sue peculiarità, la sua tradizione, la sua vocazione nuova o rafforzata. I suoi contrasti. La stessa Como pochi giorni fa si è felicitata con l’arredo che accelerava le esportazioni, preoccupandosi al contempo per il tessile che invece stava frenando.

Siamo solo all’inizio, dichiara Francesco Verga nel commentare la conguntura industriale. Per questo motivo, ci vuole massima attenzione per una pianta che può proseguire la sua crescita, solo se non perde di vista nessuno. Per molti, ma non per tutti: recitava una vecchia pubblicità.

Sarebbe già un passo avanti, lo è questa estensione di segnali favorevoli a più realtà. Ma nello stesso tempo serve la tensione positiva perché davvero tutti possano essere coinvolti e trarne beneficio.

Anche sul fronte dell’occupazione, che resta il terreno più doloroso. Si è assistito alla stabilizzazione dei posti di lavoro con il Jobs Act, anche se purtroppo non se ne sono creati di nuovi. Dalla congiuntura industriale emerge finalmente un saldo positivo tra chi aumenta e chi perde gli occupati. È importante, tuttavia non basta ancora.

Come in questi mesi hanno avuto modo di rimarcare associazioni e sindacati, il momento decisivo è questo. Quando la pianta butta fuori i germogli e non può permettersi una gelata o una siccità, perché significherebbe la fine.

Basta già la fragilità del mondo, di questo mercato ricco, ricchissimo di opportunità, ma anche di rischi, a mettere a rischio questo timido risveglio.

Le aziende - e non solo - invocano le riforme, chiedono a gran voce di levare gli ostacoli che rendono l’impegno quotidiano più simile a una battaglia in questa fase più che mai.

Eppure forse la parte più importante e ardua resta quella che possiamo affrontare noi.

Un momento ricco di stimoli e di difficoltà, questo, e sta al territorio rendersi conto fino in fondo di quali carte da giocare e come. Il mettere da parte le divisioni, il sentirsi pianta davvero e non solo nelle dichiarazioni pubbliche, il ricordare che i singoli rami sono destinati a morire con la loro primavera di facciata.

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@MarilenaLualdi

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