L'esame riguarda soltanto un tratto dell'apparato gastrointestinale, ovvero l'intestino tenue, cioè quella parte del corpo che è difficile indagare sia attraverso la gastroscopia sia attraverso la colonscopia. In sostanza l'«enteroscopia con videocapsula», è questo il termine tecnico dell'esame, prevede che il paziente «ingoi» una piccolissima videocamera confezionata come una grossa pastiglia simile a un qualunque medicinale che si assume per via orale. I tecnici del reparto, poi, dotano il paziente di uno speciale giubbotto, che andrà tenuto addosso per 8 ore: è questo lo strumento, tramite antenne posizionate in vari punti, che riceve, su un registratorino incorporato, gli «impulsi» delle immagini che le videocamera-pastiglia riprenderà una volta ingoiata. Nel corso delle 8 ore il paziente può condurre una vita normale, e svolgere qualunque attività: allo scadere del tempo fissato riconsegnerà il giubbotto, con tanto di registratorino incorporato, ai tecnici del reparto. I quali riverseranno poi il contenuto sul computer, analizzeranno le immagini e consegneranno il referto, con diagnosi. La videocamera, invece, si «disintegra» e viene espulsa per vie naturali
«È una tecnica di indagine assolutamente molto mirata, e riservata ad alcuni casi clinici che non si riesce a investigare meglio e in modo approfondito con altre tecniche – evidenzia Paolo Ravelli, primario di Gastroenterologia II degli Ospedali Riuniti di Bergamo – . In pratica, ci consente di "vedere" l'intestino tenue, una parte dell'apparato che è davvero complesso investigare, in modo così preciso, con altre tecniche. Ho voluto fortemente questo nuovo strumento diagnostico che così completa tutte le possibilità di diagnosi del reparto. E proprio perché esperto nell'utilizzo di questo macchinario e nella lettura di questo particolare tipo di immagini, è arrivato ai Riuniti uno specialista esperto, Salvatore Greco. Le prime enteroscopie con videocapsule sono state effettuate da lui, pochi giorni fa, a Bergamo».
E, qualche giorno prima dei Riuniti, la «videocamerina» è stata messa in funzione anche nei due policlinici di Ponte San Pietro e di Zingonia. «La sensibilità di riproduzione di immagini in questo nuovo sistema diagnostico supera l'80%, ed è un importante aiuto proprio per studiare l'intestino tenue – illustra Fausto Lella, responsabile del servizio di Gastroenterologia al Policlinico San Pietro a Ponte San Pietro – . In particolare, è un ottimo strumento per indagare in caso di sanguinamento non diversamente spiegabile, per chiarire le cause di anemie croniche di incerta origine».
Va evidenziato, comunque, che questo tipo di esame non ha anche valenza terapeutica. «Mentre con l'endoscopia, infatti, per esempio per il colon è possibile intervenire, in sede di esame, per la rimozione di polipi o anche di neoformazioni sospette, in questo caso l'enteroscopia con videocapsula ci consente di fare una diagnosi, ma non applicazioni terapeutiche – rimarca Francesco Negrini, direttore dell'Unità di Gastroenterologia al policlinico San Marco di Zingonia – . È un esame assolutamente poco invasivo per il paziente e molto attendibile. È in via di sperimentazione e studio l'applicazione della stessa tecnica sia nell'area gastrica sia per il colon, ma attualmente il tipo di immagini che si riesce a ricevere in queste indagini è meno precisa degli esami tradizionali».
Intanto, anche l'Azienda ospedaliera «Bolognini» di Seriate scende in campo: a breve verrà bandito l'appalto di gara per l'acquisizione dei macchinari, si ipotizza che la videocapsula sarà operativa entro un anno.
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